Palazzi & potere
Renzi straperde e straparla: quando perde usa il "noi", non "io"
L'errore è sempre degli altri: ovvero degli italiani che non l'hanno capito...
C' è un passaggio illuminante della relazione che ha fatto ieri Matteo Renzi davanti alla assemblea del Pd. Un esempio, scrive Bechis su Libero, che ha voluto raccontare in quell'aula che si spellava le mani per gli applausi: «Un mio amico, sostenitore del sì, in Sicilia tre giorni dopo il referendum incontra 26 persone che si presentano selezionate opportunamente per 3 posti di lavoro, li ascolta. Poi alla fine a ciascuno di loro chiede cosa hanno votato. Ragazzi giovani, bravi, competenti. Ventiquattro no, un sì, uno non è andato a votare. Domanda quel manager perché tutti e 26 erano lì. Perché avevano qualcuno che li aveva sponsorizzati».
E subito dopo un peana sulla meritocrazia e all'Italia quando finalmente smetterà di cercare raccomandazioni. Il passaggio è illuminante - e non è il solo - perché offre il cuore di quella autocritica che il Pd attendeva ieri dopo averlo fatto invano nelle direzioni che hanno seguito la sconfitta referendaria. Quel raccontino che gli aveva fatto il suo cacciatore di teste personale in Sicilia offre una lettura che è apparsa più volte nel discorso di Renzi: sì, il 4 dicembre lui ha sbagliato, e questo lo dice l' innegabile risultato referendario. Ma perché ha sbagliato? Perché aveva pensato che gli italiani potessero essere alla sua altezza: moderni, desiderosi di novità. Invece quelli lì che hanno votato no sono ancora la vecchia Italia che cercava raccomandazioni e il posto fisso. È il limite dell' autocritica di Renzi: non lo è davvero, perché pensa di non avere sbagliato lui, ma che l' errore l' abbiano compiuto gli elettori.