Palazzi & potere
Tramonta il renzismo, inizi una stagione di riscossa costituzionale e civile
Antonio Ingroia ad Affaritaliani: "Col referendum Renzi cercava quell’investitura popolare che non aveva ancora avuto, invece il popolo sovrano ha detto sì alla Costituzione e no a lui. Ripartiamo dalla Carta, perché sia finalmente attuata, e dai territori, affinché siano resi permanenti e orizzontali i comitati democratici per il No"
La vittoria del No al referendum costituzionale ha messo inevitabilmente la parola fine alla stagione del renzismo, almeno quello conosciuto nei tre anni di Renzi leader del Pd e capo del governo. Le dimissioni del premier erano banalmente un atto dovuto, considerata l’impostazione personalistica che egli stesso aveva dato al referendum con la sua sconfinata presunzione. Attraverso una riforma della Costituzione pasticciata, pericolosa, sbagliata nel merito e nel metodo, cercava quell’investitura popolare che non aveva ancora avuto. Ha ricevuto invece una lezione durissima: il popolo sovrano ha detto sì alla Costituzione e ha detto no a lui, decretando la Rexit, il tramonto, appunto, del renzismo.
La rottamazione è stata rottamata. E non, a mio avviso, perché gli italiani non abbiano voglia di cambiamento, piuttosto perché la proposta messa in campo (ma forse sarebbe meglio dire imposta) non è stata percepita come portatrice di un cambiamento positivo. Tra chi ha votato No, una parte –probabilmente minoritaria - l’ha fatto perché ha valutato e bocciato nel merito la pessima riforma Renzi-Boschi, un’altra parte - direi preponderante - l’ha fatto perché profondamente delusa da quello che Renzi e il suo governo hanno realizzato in quasi tre anni. In molti si sono chiesti: è utile a me cittadino questa riforma? La risposta prevalente è stata no, e allora meglio cambiare davvero bocciando una proposta di cambiamento poco o niente credibile, inspiegabilmente centrata su una radicale revisione della Costituzione, come se i problemi dell’Italia fossero tutti colpa della Carta e non di una classe politica inadeguata, incapace, talvolta anche criminale.
Il 4 dicembre sono venuti al pettine i nodi: Renzi si visto presentare il conto per l’agenda economica e sociale che ha tenuto a Palazzo Chigi, per le scelte fatte su occupazione, diritti, scuola pubblica, cultura, ambiente, per le tante promesse non mantenute, per i compromessi al ribasso che hanno caratterizzato sempre l’azione del suo governo e, diciamocelo, anche per l’insopportabile arroganza puntualmente esibita come marchio di fabbrica.
Ha perso Renzi e hanno vinto gli italiani. In tanti hanno provato a intestarsi subito la vittoria, ma l’unico vero vincitore è il popolo sovrano che, nonostante una campagna per il Sì martellante, supinamente raccolta e rilanciata dai principali organi d’informazione, alimentata anche attraverso l’uso della paura come arma elettorale (se vince il No è la catastrofe, la fine dell’Ue, il crollo dei mercati ecc), non si è fatto intimidire e con orgoglio e dignità ha votato contro Renzi e contro la sua riforma truffa. Una riforma voluta e ispirata dalle lobby più o meno occulte - lecite e illegali - che sempre hanno condizionato la storia del nostro Paese. Una riforma che, in nome di principi in astratto condivisibili come quello del miglioramento della funzionalità delle nostre istituzioni, inseguiva però l’obiettivo di mettere un uomo solo al comando, di trasformare la nostra democrazia orizzontale in una Repubblica verticale, tagliando gli spazi di partecipazione dei cittadini, ridimensionando gli organi di garanzia.
Cosa ci aspetta adesso? Il futuro immediato è grigio, la matassa è intricata e tocca al presidente Mattarella sbrogliarla. E’ chiaro che si deve tornare al voto il prima possibile, cioè non appena sarà stata approvata una nuova legge elettorale che cancelli l’osceno Italicum. Io auspico un proporzionale puro con preferenze, un sistema in grado di riavvicinare i cittadini alla politica e alle istituzioni. L’orizzonte è però nitido. Tante donne e uomini coraggiosi hanno condotto una campagna referendaria impari per forze e risorse. Hanno dato tanto, tutto. E questo patrimonio di passione non può essere disperso. Dobbiamo allora ripartire dalla Costituzione e dall’impegno sui territori: dalla Costituzione affinché sia finalmente attuata in tutte le sue parti, dall’impegno sui territori affinché siano resi permanenti e orizzontali i comitati democratici per il No che facevano riferimento a costituzionalisti come Zagrebelsky, Pace, Villone e Rodotà. Si chiude finalmente una stagione infelice, se ne deve aprire una di riscossa. Riscossa costituzionale e riscossa civile. Nel segno della Costituzione e di una reale partecipazione dei cittadini alla vita democratica del Paese.
Antonio Ingroia