Politica

Pd, Bonaccini al posto di Zingaretti? Ex renziani all'assalto dopo il voto

Di Alberto Maggi

Il Pd e il combinato disposto: referendum ed elezioni regionali. Inside

Conto alla rovescia nel Partito Democratico in vista delle elezioni regionali del 20-21 settembre. Se sul referendum confermativo del taglio dei parlamentari ormai non ci sono dubbi che a maggioranza la direzione nazionale voterà lunedì prossimo il sostegno al Sì, è la sfida amministrativa a preoccupare i Dem. Ufficialmente si ostenta sicurezza e ottimismo con deputati e senatori che prevedono un sostanziale pareggio, un 3 a 3 con il Centrosinistra in grado di tenere oltre alla Campania anche la Toscana e la Puglia. Ma dietro le quinte si scrutano gli ultimissimi sondaggi, sia quelli pubblici sia quelli riservati, cercando di capire effettivamente se ci sarà il trionfo dell'opposizione di Centrodestra sbandierato quotidianamente da Salvini e Meloni. L'appuntamento con le urne è particolarmente insidioso per Zingaretti perché il combinato disposto di referendum e Regionali rappresenta una mina potenzialmente devastante.

Su un punto ci sono pochi dubbi tra i parlamentari Dem, più o meno di tutte le anime e le correnti: in caso di clamorosa vittoria del No al referendum sul taglio degli eletti e di successo 5 a 1 del Centrodestra alle Regionali, con il Pd che tiene solo la Campania grazie a De Luca, le dimissioni irrevocabili del segretario sarebbero inevitabili e praticamente certe. Se invece finisse con il Sì alla riduzione del numero dei parlamentari che vince ma non sfonda (non oltre il 60%) e con un bilancio su sei Regioni (Valle d'Aosta esclusa) di 4 a 2 o 5 a 1 per il Centrodestra (Toscana e Puglia ancora in bilico) a quel punto partirebbe l'assalto alla segreteria di Zingaretti con la richiesta di un congresso straordinario e nuove primarie.

A guidare l'affondo contro il presidente della Regione Lazio è l'asse tra il Governatore dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini e gli ex renziani Dem, ovvero Andrea Marcucci, capogruppo al Senato, Lorenzo Guerini, ministro della Difesa, e Anna Ascani, sottosegretario all'istruzione. Non solo, tra gli anti-Zingaretti anche l'ex segretario Maurizio Martina, Gianni Cuperlo (unico membro della segreteria schierato per il No al referendum) e Matteo Orfini, sempre più spostato verso posizioni di sinistra (specie sul tema immigrazione). Nel Pd si aprirebbe quindi uno scontro che avrebbe anche ripercussioni sul governo con nuove tensioni sia con i 5 Stelle sia con Italia Viva. I tempi di un eventuale congresso straordinario sarebbero gennaio-febbraio del prossimo anno e comunque prima dell'inizio del semestre bianco.

Per diventare segretario, Bonaccini, oltre agli ex fedelissimi di Renzi, deve convincere anche Graziano Delrio e l'area che fa capo a al ministro Franceschini. I due, al momento, stanno con Zingaretti ma è evidente che se la linea del leader venisse sconfessata nelle urne, sia con il referendum sia con le Regionali, a quel punto Bonaccini potrebbe essere la soluzione condivisa. Da vedere poi come sarebbero i rapporti con i 5 Stelle visto che in Emilia Romagna non si trovò nessun accordo. Tutto passa dall'esito dello scrutinio di lunedì 21 settembre.