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Politica
Pd, ecco quanto vale la Cosa Rossa. Primarie il 7 maggio e voto a settembre

In attesa dell'uscita ufficiale della minoranza Dem dal partito guidato da Matteo Renzi, è corsa a capire quanto vale in Parlamento e nei voti la nuova Cosa Rossa che, secondo alcuni commentatori, mette ora a serio rischio la tenuta del governo Gentiloni. Se nome e simbolo sono ancora incerti (gli scissionisti vorrebbero far proprio il nome dell'Ulivo, che però non si può usare mentre si fa largo l'ipotesi "Nuova Sinistra"), più certi invece sono i volti e i numeri della costola Dem in Parlamento.

Ci sono nomi di peso, fra cui due governatori in carica come Michele Emiliano ed Enrico Rossi, due ex segretari nazionali come Pier Luifgi Bersani e Guglielmo Epifani, un ex segretario della Cgil (lo stesso Epifani), un ex primo ministro (Massimo D'Alema) e un ex capogruppo alla Camera, Roberto Speranza. In tutto 60 parlamentari con un bacino di preferenze concentrato soprattutto al Sud che secondo il presidente del coordinamento del no al referendum di dicembre, Guido Calvi, prenderebbe molti di 6 milioni di voti per il no arrivati dal Pd.

Certo, bisognerà verificare nei fatti chi deciderà davvero di stracciare la tessera, ma una prima conta a Montecitorio e a Palazzo Madama dà attualmente una cifra che per la Camera oscilla tra i 40 e i 47 deputati e per il Senato di 20 senatori. Scissionisti anche nell'emiciclo di Strasburgo con tre eurodeputati (l'ex ministro dello Sviluppo del governo Letta, Flavio Zanonato, Antonio Panzeri e Massimo Paolucci) che seguirebbero Bersani e D'Alema.

I bersaniani sono il gruppo più folto in Parlamento. Ci sono Davide Zoggia, Nico Stumpo, Roberta Agostini, Eleonora Cimbro e i senatori Miguel Gotor, Paolo Corsini e Federico Fornaro. Se anche Emiliano deciderà, come pare, di smarcarsi con lui ci sarebbero Francesco Boccia e Dario Ginefra, tutti pugliesi, territorio dove conta ancora molto Massimo D'Alema. C'è poi l'incognita Rosy Bindi che per ricandidarsi in Parlamento dovrebbe avere una deroga dei renziani che i fedelissimi dell'ex (da 24 ore) segratario non sarebbero molto entusiasti di concedere. 

Intanto, riferendosi all'assemblea Matteo Renzi commenta: "È andata benissimo. Ora il congresso entro maggio e il voto a settembre". C'è già anche una data per le primarie: 7 maggio. La rotta è segnata. 

 

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