Politica

“Pd, idee diverse. Bene il congresso. L’identità è ancora quella del Lingotto”

di Paola Alagia

Intervista di Affari al capogruppo dem al Senato Marcucci che sui sottosegretari scommette: “La nostra delegazione sarà per lo più composta da donne"

Finito il Conte due pare terminata anche la pax interna ai partiti. E questo vale soprattutto per le due forze politiche che nel governo giallorosso avevano la golden share e cioè Movimento cinque stelle e Partito democratico. Il primo alle prese con i contraccolpi dell’appoggio al governo Draghi e il secondo che si avvia verso una stagione congressuale. Proprio del congresso, dopo l’apertura del segretario dem Nicola Zingaretti, Affaritaliani.it ha parlato con il presidente dei senatori Pd, Andrea Marcucci. Intervistato dal nostro giornale, il parlamentare toscano ne saluta positivamente il via libera. Sulla partita dei sottosegretari, in seguito ai malumori delle elette dem, scommette che “la delegazione Pd al governo sarà prevalentemente composta da donne”. Quanto alle parole del governatore Stefano Bonaccini, esclude che siano preludio ad un asse con la Lega: “Non direi proprio. Il presidente dell’Emilia Romagna ha detto cose di buon senso, che peraltro condivido”.

Presidente, il segretario Zingaretti apre al Congresso. Non è più rinviabile?
Penso che Zingaretti abbia fatto bene, in questi due anni la politica italiana ha cambiato prospettiva più e più volte. Perciò è necessario tornare dalla nostra base per alimentare un dibattito ricco di idee sul nostro futuro. Inoltre, siamo l’unico partito che convoca congressi periodicamente e che usa le primarie per eleggere i propri organi rappresentativi. Per me resta un motivo di orgoglio.

L’assemblea nazionale del 13 e 14 marzo dovrebbe fissarne la road map. Come deve essere organizzato?
Nei tempi e nei modi che Zingaretti proporrà all’assemblea. Vede, io sono tra i pochi che non demonizzano la vivacità del confronto dentro il Pd. Abbiamo ispirazioni e tradizioni culturali spesso diverse, ma alla fine troviamo sempre punti di intesa molto onorevoli. Succederà anche nel prossimo congresso nel quale ci attende una discussione molto importante sull’identità. Io credo che la nostra sia ancora molto vicina a quella delle origini, del Lingotto intendo.

Nella nuova fisionomia che dovrebbe assumere il partito non c’è più spazio per Renzi?
Non faccio previsioni sul futuro. Renzi ha trovato una sua collocazione e, conoscendolo, non è uno che cambia idea facilmente. Come hanno fatto Bonaccini e Gori, ho espresso un auspicio sulla ricomposizione delle ultime scissioni che abbiamo subito.

Intanto, si è aperto proprio un caso Bonaccini. Preludio di un asse con la Lega?
Non direi proprio. Il presidente dell’Emilia Romagna ha detto cose di buon senso, che peraltro condivido. La scommessa che ci aspetta è di riuscire a tenere insieme l’emergenza sanitaria con la tutela delle attività economica. Iniziare a ragionare di riaperture è un approccio intelligente, basta che non sia solo uno spot.

Ma non è la sola questione che agita il partito. Nella sua Regione, la Toscana, si è consumato uno strappo tra la segreteria Bonafè e l’area zingarettiana. Un avviso di sfratto a Zingaretti?
Per me sono incomprensibili le ragioni che hanno portato l’area Zingaretti a rompere con Simona Bonafè. Simona da segretaria del Pd ha sempre cercato e praticato l’unità del partito. Basta davvero con le beghe di parte, pensiamo alla Toscana dei cittadini e delle imprese.

Lei è stato tra i promotori del coordinamento Pd-M5s-Leu. Non sembra sia decollato. Come mai?
È un giudizio che non condivido. L’intergruppo, che è nato in Senato, serve come strumento di lavoro parlamentare e non ad altri scopi. Le ricordo che giusto ieri abbiamo eletto il collega Nannini a presidente della commissione sugli Enti gestori, con il voto determinante di Pd e Cinque stelle.

Se l’ex premier Conte dovesse decidere di mettersi alla guida del M5s, avrebbe contraccolpi negativi su un futuro asse con Pd e Leu?
Non metto certo il becco in casa d’altri. Ogni partito sceglie il proprio leader, in totale autonomia ovviamente. Questo principio di libertà riguarda anche il Movimento di Beppe Grillo.

Passiamo al governo Draghi, sui sottosegretari si è impastoiato. Sulle misure anti-Covid sembra essere in scia con l’esecutivo Conte. Dov’è la discontinuità tanto invocata?
Il governo Draghi è nato in una situazione di particolare sofferenza dell’Italia e con un input preciso del capo dello Stato. Non andrei a cercare problemi ad una settimana di vita dell’esecutivo. Guardi poi che la pandemia in corso, come confermano i governi europei, consente ben poca discontinuità. Inoltre, il governo Conte ha gestito molto bene almeno la prima fase di lotta al virus.

Non c’è il rischio che, con una maggioranza così composita, questo esecutivo si ritrovi in uno stallo maggiore rispetto a quello del governo giallorosso?
Vedremo con il tempo. Certo, a tutti i partiti viene richiesto un surplus di senso di responsabilità. Il Pd lo ha nel proprio Dna. Quanto alla Lega, verificheremo.

A proposito dei sottosegretari, nel Pd avete trovato la quadra sulla componente femminile del tutto dimenticata nella formazione del governo?
Scommetto che la delegazione Pd al governo sarà prevalentemente composta da donne.