Politica
Pensioni, aumenti da gennaio confermati. A chi e quanti soldi
Pensioni, aumenti dal primo gennaio 2022: ecco i conti
La rivalutazione da garantire ai trattamenti pensionistici nel 2022, tenendo conto della nuova andatura dell’inflazione e della conclusione a fine anno del sistema di indicizzazione su sei fasce, è quasi una certezza. Dal 1 gennaio del 2022 dovrebbe tornare il meccanismo che garantisce l'adeguamento pieno degli assegni all'inflazione per evitare la perdita di potere d'acquisto dei pensionati. Manca l'ufficialità però, o meglio, manca il "come". Col 2022 scatteranno gli aumenti degli assegni in base al costo della vita, che nella seconda metà del 2021 è cresciuto per effetto del rimbalzo della crescita dell’economia: così in parte si compenseranno due anni di congelamento degli aumenti delle pensioni per effetto dell’inflazione nulla e negativa.
La perequazione o rivalutazione di 22,8 milioni di pensioni - scrive https://www.today.it/ - costerebbe tanto, ben 4 miliardi, dal momento che la Nadef prevede un tasso del costo della vita nel 2021 pari a 1,5%. È necessaria secondo i sindacati la rivalutazione delle pensioni che reintegri il potere d’acquisto perso in questi anni.
Per sapere di quanto aumenteranno gli assegni pensionistici bisognerà capire quale soluzione sarà adottata, in soldoni. Rivalutare le pensioni significa applicare a tutte le pensioni – dirette, come vecchiaia e anticipata, e indirette, come quelle ai superstiti – l’indice Foi elaborato da Istat, ovvero la variazione dei prezzi al consumo.
Il dato di agosto era al +2,1%. Nei primi mesi del 2021, tra +0,2 e +0,7. Nel 2021 le pensioni non sono state rivalutate perché l’inflazione prevista in via provvisoria per il 2020 era negativa. Nel 2022, si presume salirà anche perché il tasso del costo della vita sarà intorno al 1,5%. La quantificazione dell’aumento come rivalutazione dipende dal metodo che il governo deciderà di usare.
Con gli "scaglioni Prodi" si va dai 126 euro medi in più all’anno per le pensioni fino a 1.500 euro lordi al mese – quelle 3 volte la pensione minima – ai 1.027 euro medi extra per gli assegni più alti. Con il metodo Conte del 2019 si va da 126 a 484 euro annui. Dieci anni fa il governo Monti aveva deciso di bloccare le rivalutazioni anche delle pensioni per così dire più basse (3 volte il minimo Inps), e ciò aveva generato una serie di questioni di incostituzionalità.
Il 31 dicembre 2021 va in soffitta l’attuale sistema di perequazione degli assegni previdenziali. Il calcolo sulle rivalutazioni sinora si è applicato a tutte le pensioni (dirette-indirette ) dalle tre volte il minimo Inps a quelle oltre le 9 volte il minimo. Restano di solito escluse dal blocco le pensioni minime: un eventuale stop di Draghi alle rivalutazioni piene non si può escludere. L'esecutivo potrebbe congelare gli aumenti solo per gli assegni alti. Ma deve evitare di incorrere in un nuovo stop della Consulta, come accaduto in passato. Va rimarcato che 20 milioni di pensioni su 22,8 sono sotto i 2 mila euro e fino ad oggi quasi sempre sono state adeguate al 100%.