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Qatargate, l'Italia non consegna Cozzolino ai pm belgi: "Non avete prove"

I magistrati frenano sulla consegna dell'eurodeputato del Pd. Lo scandalo finirà in una bolla di sapone?

Qatargate, tutte queste accuse generiche che lasciano dubbi

Lo scandalo del Qatargate è ad un punto fermo ormai da troppo tempo, con la scarcerazione della ex vicepresidente Ue Eva Kaili, la sensazione è che i pm belgi non abbiamo fatto significativi passi in avanti nelle indagini. Tutto è fermo ai primi giorni, con l'arresto di Panzeri e Giorgi. E ora che sarà del Qatargate, dopo le roboanti premesse? Le scarcerazioni - si legge su La Stampa - non implicano un indebolimento dell’accusa. In Belgio dopo alcuni mesi l’attenuazione delle misure cautelari è prassi, per il venir meno del rischio di collusioni tra indagati. I conti correnti restano bloccati. L’inchiesta va avanti, per il processo se ne riparla tra mesi. Forse anni, perché in assenza di detenuti i tempi si dilatano. Un segnale arriva dalla magistratura italiana e riguarda l'eurodeputato capogruppo del Pd Andrea Cozzolino.

I dubbi che i magistrati italiani esprimevano in privato - prosegue La Stampa - si materializzano ora nell’ordinanza con cui la Corte di appello di Napoli ha rifiutato per la terza volta in due mesi la consegna al Belgio dell’eurodeputato Cozzolino, colpito da mandato di arresto per associazione criminale, corruzione e riciclaggio. I giudici napoletani sollevano tre questioni. Manca un mandato di arresto nazionale, mentre quello europeo inviato all’Italia è davvero scarno quanto a indicazione di imputazioni e prove. Manca «la specifica indicazione del fine cui tende la consegna di Cozzolino», non soddisfatta dalle «indicazioni generiche di atti istruttori» a fronte della privazione della libertà personale. Manca «la conoscenza esatta delle condizioni detentive» in Belgio secondo gli standard anti tortura.