Politica
Quirinale, Draghi unica soluzione: "Deus ex machina" dal Colle

Quirinale, solo il no personale di Mario Draghi può far saltare questa prospettiva
Super Green Pass, Draghi e i partiti di maggioranza in bagarre
I 20 mila casi di contagiati in Italia e i numeri ancor più allarmanti di altri Paesi in Europa e fuori d’Europa dimostrano che la fase più acuta dell’emergenza pandemica non è passata. Il premier Draghi ha già un bel da fare per tenere buoni i partiti della maggioranza già in bagarre sulle misure e le restrizioni anti pandemia dopo il 15 gennaio alla scadenza dell’ultimo decreto che ha introdotto il Super Green Pass per le feste di Natale. Una parte dell’esecutivo con in testa il ministro della salute Speranza e quasi interamente Pd e M5S, perdurando l’attuale curva in salita della pandemia, non escludono nuove e più pesanti restrizioni estendendo almeno per altri sei mesi, fino al 30 giugno 2022, lo stato d’emergenza. Altri partiti, in primis Lega, già dicono che il peggio è alle spalle, in netto contrasto con quel che dice il presidente Iss Brusaferro: “Per la settima settimana consecutiva i casi di Covid-19 sono in aumento nel nostro Paese”.
I partiti parlano e agiscono per proprio calcolo politico. I contrasti sulle misure anti-Covid si inseriscono nella partita aperta sul Quirinale dove si gioca anche il destino della legislatura con chi punta sulle elezioni anticipate (in primis FdI e Lega ma anche il Pd di Letta) nella primavera 2022 e chi le teme peggio della pandemia, a cominciare dai 5Stelle, renziani ecc.
Nel Paese c’è insoddisfazione e tensione con larghe frange di popolazione in difficoltà: 5 milioni di persone (1 italiano su 12) sono in condizioni di "povertà assoluta" (la povertà è raddoppiata in 10 anni!), i giovani sono più poveri e più smarriti dei loro genitori. E questo è solo l’iceberg di una situazione negativa più generale (indebitamento del 160 per cento del rapporto Debito/Pil) che non a caso ha portato allo sciopero generale del 16 dicembre prossimo indetto da Cgil e Uil perché sono i lavoratori e i pensionati a pagare il conto più caro.
In questi ultimi dieci mesi, è vero che Draghi ha “ridato credito all’Italia” in Europa e nel mondo incassando e predisponendo quel Pnrr (potenzialmente) salva-Italia ma è altrettanto vero che l’ex presidente della Bce ed ex governatore di Bankitalia ha messo a nudo lo stato di crisi dei partiti, mettendogli la “mordicchia” ed esautorando di fatto un Parlamento non rappresentativo della realtà politica e latitante. Tradotto, un premier così significa un “uomo solo al comando”, quindi restringimento della democrazia e poco conta se ciò è avvenuto e avviene per limiti e incapacità dei partiti e delle istituzioni. Ora, i partiti (non tutti) vogliono riprendere il “pallino” nelle proprie mani andando presto, eletto il nuovo capo dello Stato, a elezioni politiche anticipate. Anche nel 1994 e nel 1996 il Parlamento fu sciolto anche perché non rispecchiava più – come è oggi - l’elettorato nel Paese.
Quirinale, Mattarella saluta il Papa e dà l'addio
Il 16 dicembre prossimo Mattarella va a salutare Papa Francesco e questo toglie ogni dubbio sulla sua volontà di non ricandidarsi per il Colle. Quindi è giusto rispettare la sua volontà facendola finita di tirarlo per la giacchetta per fini esclusivamente di parte. Messi sulla bilancia i pro e i contro, oggi, solo Draghi ha le carte in regola per sostituire Mattarella. Il capo dello stato non è un Re ma è una figura fondamentale nell’ordinamento italiano: non solo in quanto costituisce un architrave imprescindibile per le istituzioni ma anche perché rappresenta un punto di riferimento fondamentale specie in questa lunga fase di crisi del sistema partitico e più in generale della crisi del Paese.
Quirinale, Letta e l'accordo Pd-M5s-FdI
Certo, con questi parlamentari, mai dire mai, capaci persino di silurare Draghi per paura che con lui al Colle si vada poi subito alle urne con la possibilità di dover abbandonare la cadrega. Ma questi parlamentari e questi partiti, a meno di perdere l’ultimo brandello di dignità, non hanno oggi nessuna chances di eleggere un presidente diverso da Draghi. Qui Letta pare stia giocando bene le sue carte puntando a un primo accordo Pd-M5s-FdI, con tutti gli altri a rimorchio, cominciando da Salvini. Solo il No personale di Draghi può oggi far saltare questa prospettiva, fattibile quanto “sensata”. Dal Colle, poi, Draghi può tirare le fila per “guidare” i partiti a sostituirlo, con dignità, a Palazzo Chigi. Comunque vada, per i prossimi anni, sarà Draghi il “Deus ex machina” della politica italiana o, se la parola non suona offensiva, il “burattinaio” che rimette in riga i partiti ridando credibilità alla politica.