Politica

Referendum Lombardia, se Martina ignora il federalismo

Ernesto Vergani

Il lombardo (è nato a Calcinate, in provincia di Bergamo) Maurizio Martina, ministro dell’Agricoltura e vicesegretario del Pd, scrive in un post che il referendum consultivo sull’autonomia, previsto per domenica 22 ottobre in Lombardia (e in Veneto) non serve a nulla. Spiega che vinceranno i sì, ma che tutto resterà come prima. Dice che i 50 milioni di euro del costo della consultazione dovrebbero essere spesi per i pendolari e per creare lavoro. In sostanza ritiene il referendum una manovra propagandistica del governatore leghista Roberto Maroni. È vero, il referendum è consultivo: se vincerà il sì, la Regione aprirà un confronto con lo Stato sulle materie da gestire e l’accordo dovrà essere votato dal Parlamento. Ciononostante cambierà tutto. Il referendum sull’autonomia è giusto, utile e simbolico: farà capire agli italiani, all’ Italia catto- comunista, centralista e senza cultura liberale, che cosa potrebbero essere democrazia e federalismo nel senso pieno del termine.

La Lombardia è la regione più popolosa d’Italia (con moltissimi cittadini di origini meridionali superlativamente lombardi) e realizza il 21% del Pil nazionale, non usufruendo della pletorica pubblica amministrazione di Roma (per questo nessun lombardo, fiero della ricchezza prodotta con le proprie mani, invidia la capitale). Come residuo fiscale, ogni lombardo, inclusi neonati e anziani, trasferisce allo Stato centrale 5.500 euro annui in solidarietà. Un siciliano ne dà zero, anzi ne riceve 1.782. (E si considerino l’evasione fiscale pure presente in Lombardia e quei cittadini lombardi che pagano non solo ospedali, scuole e strade del Sud, ma anche quelli che utilizzano gli evasori del Nord… non mi sorprende che tu non paghi le tasse, mi fa infuriare che tu e i tuoi figli utilizzate ospedali, scuole e strade da me pagati).

In cambio di questi soldi a esso sottratti, il Nord non riceve quasi nulla: basti pensare alle condizioni delle sue scuole e strade. Dall’altra parte quanto dato al Sud fin dalla nascita della Repubblica non è servito ed è stato sprecato, se è vero che le regioni meridionali non solo non sono cresciute, ma che il divario col Nord è aumentato. Si tralasci il debito del Comune di Roma, che non merita i privilegi da capitale e la prova è il confronto con il trasporto pubblico, la pulizia, la funzionalità in genere delle capitali Berlino, Parigi, Londra… vedremo se lo Stato finanzierà Atac, l’azienda comunale dei trasporti in crisi, coi soldi dei contribuenti italiani. Non solo, questo trasferire denaro al Sud ha letteralmente impoverito il Nord (dove per giunta è arrivata la Mafia, che al Nord non c’era… mafia quanto di più antidemocratico ci sia).

Ciò è successo perché gli italiani, popolo catto-comunista, hanno scarsa idea di cosa sia il federalismo, di come esso sia un pilastro della democrazia. A differenza di come pensano appunto i catto-comunisti, il principio fondamentale della democrazia non è l’uguaglianza, ma l’individualismo (si pensi alla Grecia dove è nata la democrazia, all’individualismo dei greci, ad Achille che sceglie di morire giovane in cambio della fama). Il libero individuo, che vuole primeggiare (il sogno americano… la Costituzione Usa parla di diritto alla felicità non al lavoro - che è una conquista - come la nostra) lavora, fa sacrifici, paga le tasse che vuole che rimangano sul suo territorio, per avere scuole, polizia, strade, perché abbia le condizioni per affermare il proprio individualismo.

Se tutti gli individui si impongono, la democrazia splende. Ovvio c’è anche lo scontato principio di solidarietà per cui si aiuta qualcuno nel momento del bisogno (come un terremoto)… nel momento… non sempre. Di qui anche l’importanza dell’elezione diretta: l’individuo manda in Parlamento chi lo rappresenti, che quasi conosce di persona. E ci vorrebbe anche l’elezione diretta dei giudici: io libero cittadino, che conosco la democrazia, che sono la democrazia, il suo risultato, devo sapere chi eventualmente mi giudica. Certo… esistono ambiti comuni come la difesa nazionale. Quello del 22 ottobre sarà un primo passo.

Fa bene il segretario della Lega Nord Matteo Salvini a dire che tutte le Regioni dovrebbero avere la loro autonomia. Sono battaglie lunghe, ma non si possono fermare gli individui che amano democrazia e libertà, così come quei popoli che esprimono una maggioranza incontrovertibile: Spagna, Regno Unito e Cina dovranno prima o poi concedere libertà alla Catalogna, alla Scozia, al Tibet. Come prima o poi si aboliranno dall’inno nazionale le parole “Italia schiava di Roma”: il libero cittadino italiano non è schiavo di nessuno, a maggior ragione simbolicamente.