Politica

Regionali, Cdx caos. Lite non solo sulla Sardegna. Forza Italia rischia grosso

Di Alberto Maggi

Regionali, la verità sullo scontro nel Centrodestra che va ben al di là del voto in Sardegna

Forza Italia rischia di perdere Cirio in Piemonte e Bardi in Basilicata

 

Stallo. Anzi, tutto in alto mare. Sul tema spinoso delle candidature alle prossime elezioni regionali il Centrodestra, come nel gioco dell'oca, è tornato al punto di partenza. Nonostante ieri si siano incontrati Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani, ma insieme a Matteo Piantedosi e il dossier sul tavolo era quello dell'immigrazione, non c'è ancora alcuna svolta e l'accordo è lontanissimo. I tre leader del Centrodestra hanno soltanto accennato al tema delle Regionali prendendo atto delle distanze e impegnandosi a rivedersi nei prossimi giorni, al massimo all'inizio della prossima settimana.

Il nodo principale, come noto, è quello della Sardegna che va al voto il 25 febbraio e quindi i tempi sono strettissimi. Ormai Fratelli d'Italia parla con una sola voce e non intende fare passi indietro rispetto alla candidatura di Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari nel segno della discontinuità. Dalla Lega questa mattina - fonti ai massimi livelli - spiegano che il tema non è la difesa di Christian Solinas ma del principio di ricandidare gli uscenti, nonostante quanto accaduto nel 2022 in Sicilia quando Nello Musumeci fu fatto da parte per far spazio a Renato Schifani (ma, spiegano dal Carroccio, era una situazione particolare e allora Musumeci, ora ministro, non era parte integrante di FdI).

C'è un dato che in pochi hanno sottolineato ed è il silenzio tombale di Antonio Tajani. Ogni giorno Affaritaliani.it chiede un commento al segretario di Forza Italia ma il vicepremier e ministro degli Esteri non risponde. Ed è facile capire il motivo: Forza Italia è il partito che ci rimetterebbe maggiormente da un'eventuale rottura nella maggioranza di Centrodestra. Se per ipotesi la Lega dovesse accettare Truzzu in Sardegna, ma Solinas si candiderebbe comunque con il Partito Sardo d'Azione che ha uno stretto legame con il Carroccio ma è una forza regionale indipendente, a quel punto Salvini chiederebbe di rivedere tutti i candidati delle regioni che vanno alle urne nel 2024. E su quattro regioni, due sono di esponenti di partito fondato da Silvio Berlusconi.

E, quindi, salterebbero sia Vito Bardi in Basilicata, dove la Lega ha pronto Pasquale Pepe, ma anche Alberto Cirio in Piemonte, punta di diamante degli azzurri che però finirebbe inevitabilmente nel rimescolamento scatenato dal caso Sardegna. Ma a quel punto c'è anche Marco Marsilio di Fratelli d'Italia in Abruzzo che verrebbe messo in discussione dalla Lega. Quindi il punto chiave della vicenda non è Solinas sì o no, ma il principio di ripresentare gli uscenti. Se il concetto salta in Sardegna, salta dappertutto. E ad essere maggiormente penalizzata sarebbe Forza Italia. Ecco perché Tajani tace e nonostante in Sardegna i forzisti siano al fianco di Truzzu da Roma non arriva alcun ok. Per paura dell'effetto domino che colpirebbe Bardi e Cirio. Certo, poi la Lega rischierebbe di perdere Donatella Tesei in Umbria - dove si vota a inizio 2025 - ma il punto va tenuto e non ci sono segnali di cedimento da parte di Salvini e dei suoi.

Il tutto con la proposta leghista, né accettata né bocciata finora dagli alleati, di togliere il vincolo del doppio mandato per consentire a Luca Zaia di ricandidarsi nel 2025. Ma c'è tempo, siamo solo a gennaio 2024 e in base a come evolverà la situazione si vedrà come finirà quella partita. Meloni prima era contraria e poi nella conferenza di inizio anno ha semplicemente detto che "è una materia di competenza del Parlamento". Come si possa trovare la quadra di bossiana memoria è difficile dirlo, ma non va dimenticato che il nodo non è solo la Sardegna ma tutto l'intero quadro delle Regionali. Tanto che la Lega insiste nel dire che Fratelli d'Italia dovrebbe riconfermare gli uscenti e, vista la sua forza, concentrarsi poi nel 2025 nel tentativo di strappare le regioni in mano al Pd, ovvero Emilia Romagna, Campania e Puglia.