Politica
Renzi, Pd “ristretto” per un governo di larghe intese?
Dopo il 30 aprile, chiuse nel disinteresse degli italiani le primarie-sveltina del Pd, Matteo Renzi getterà la maschera e si capirà qual è il suo vero gioco
Dopo il 30 aprile, chiuse nel disinteresse degli italiani le primarie-sveltina del Pd, Matteo Renzi getterà la maschera e si capirà qual è il suo vero gioco. Come cantava Ornella Vanoni agli inizi degli anni ’70: “Domani è un altro giorno, si vedrà”. Cosa si vedrà? Niente di nuovo. Tutto come prima o peggio di prima, con il Paese inchiodato nella sua crisi infinita, con la politica dedita ai fatti suoi, con un governo a bagnomaria e un grigio premier-re travicello pronto ad essere sfrattato da Palazzo Chigi, come impone Renzi nel suo disegno di rivincita. Con le primarie cartina del tornasole dello stato di affanno di Renzi e del suo partito - un segnale d’allarme per le prossime elezioni politiche dove il Pd rischia il ko, in picchiata sotto il 25% dei voti – l’ex premier è deciso a imboccare l’unica strada che può ricondurlo a Palazzo Chigi. La svolta a sinistra? Macchè! Fra il pidì post primarie monocolore renziano (a Orlando e a Emiliano tutt’al più sarà concesso il ruolo di belle statuine con il muso lungo, oltre a qualche strapuntino in Parlamento), il drappello degli scissionisti bersaniani&C promotori di “Articolo uno”, gli altri spezzoni della sinistra spezzatino c’è un solco incolmabile sul piano politico e anche su quello dei rapporti personali. E’ la riproposizione di un film già visto, la solita inutile “guerra civile” in un bicchier d’acqua torbida dove ognuno auspica la fine altrui. Chiunque tenta di indossare i panni del mediatore per districare questo groviglio viene impallinato dal fuoco “amico”. E’ questo il rischio che corre l’ex sindaco di Milano Pisapia, auto nominatosi comandante in capo di questo rassemblement, di fatto un caporale di giornata disarmato, illuso di disinnescare il campo minato e di indicare una sintesi politica accettata da chi intende far fronte comune contro tutti quelli fuori dalla sinistra. Quella sinistra-gruviera che insiste nella propria vocazione a giocare ogni partita per perdere. Così, senza uno straccio d’idea nuova per il Paese e senza leadership credibili, non c’è partita, non ci sono i numeri per vincere le elezioni politiche, né come coalizione di sinistra né come Pd, solo e soletto, o quasi. Una sconfitta annunciata. Capi e capetti già pronti a rimpallarsi le colpe del flop con l’unico obiettivo di essere i primi degli … sconfitti. Ecco perché Renzi ha già fatto orecchie da mercante tirandosi fuori dal disegno di Pisapia, rivolgendo lo sguardo altrove. La via scelta dal Rottamatore è double face. Con il governo, la riproposizione del: “ Paolo, sta’ sereno!” pronto a scavargli la fossa. Con gli altri, la crociata: contro populismo e demagogia di ogni colore, quindi contro il M5S, la sinistra-sinistra, la destra-destra. Così la presenza di tre poli tutti e tre alternativi è politicamente “virtuale” essendo il M5S contrario ad alleanze, pur realisticamente impossibilitato a raggiungere da solo la maggioranza. Resta quindi lo sbocco obbligato di una alleanza fra due dei tre poli in campo. Più realisticamente una coalizione, “ob torto collo”, nella logica della conventio ad exludendum fra chi rimane: la riedizione, con nuove sfumature adatte ai tempi, del Patto del Nazareno. La si può etichettare come una alleanza centrosinistra-centrodestra ma la sostanza non cambia: è l’unione (anomala?) di due “debolezze”, con Renzi e Berlusconi votati dagli italiani - in un mare di astensioni - turandosi il naso per fermare Grillo. I due, il vecchio volpone ammaccato e il galletto un po’ spennacchiato, per ora, fanno melina limitandosi al solito refrain: “Se si vota col proporzionale non si possono certo escludere larghe intese”. Renzi, d’altronde, si sente… “coperto” avendo sempre puntato a una legge maggioritaria, bocciata dagli italiani e poi dalla Consulta perché un trucco (legge truffa) che dava la maggioranza assoluta dei seggi a una minoranza di elettori. Ragion per cui, dovendo “piegarsi” al proporzionale, Renzi difficilmente può essere accusato di accettare una legge elettorale pro inciuci, anche se il M5S pigerà su questo tasto. Quindi anche Grillo, oltre alla sinistra-sinistra corre per perdere? Corre per portare il M5S prima partito ma, visto anche il flop a Roma, per non… governare, lasciando agli altri l’incombenza. Una alleanza M5S con la Lega è fuori logica anche se in politica “mai dire mai”. Ma quando si vota? Mattarella vigila ma il pallino è in mano a Renzi. Tocca adesso a lui il lavoro sporco, iniziando il pressing sul (suo) governo, con bordate, incidenti di percorso e tranelli di ogni tipo, rubando il mestiere a Grillo, presentandosi agli italiani come vero e credibile accusatore del Palazzo, senza però sfasciare il sistema, chiedendo poi l’investitura per Palazzo Chigi. Così Matteo, incoronato alla meno peggio segretario del Pd, innesta la bomba ad orologeria, correndo al voto. A settembre, a febbraio? Prima che si può. Per salvare se stesso e il suo Pd. E l’Italia? Aspetta e spera.