Renzi si piega, niente showdown. Voto a giugno sempre più lontano
Pd in mano a Franceschini-Orlando. Direzione Pd, l'analisi
La chiave di lettura di quanto accaduto nella Direzione Nazionale del Pd sta nelle parole del Governatore della Puglia, Michele Emiliano: "Matteo ha fatto uno sforzo che io apprezzo". E infatti la montagna in un certo senso ha partorito il topolino. Renzi ha fatto chiaramente intuire che si dimetterà da segretario per andare al congresso ma non lo ha fatto subito evitando così il tanto atteso showdown. Niente corsa al voto, dunque, con le elezioni ("che prima o poi ci saranno") slegate - parole dell'ex premier - dalle primarie e dal congresso stesso.
Rispetto alle attese della vigilia, che vedevano un Renzi battagliero e pronto a lasciare subito per correre alle urne, c'è stata invece una frenata con l'ipotesi ormai sempre più probabile che il governo Gentiloni vada avanti almeno fino all'autunno, se non fino al termine della legislatura (2018). E' vero che a far notizia è stato lo sguardo a dir poco inferocito con il quale Renzi ha guardato Pierluigi Bersani ed è vero anche il segretario ha ribadito il no all'aumento delle tasse imposto da Bruxelles, ma è indubbio che ci sia stata uno stop per certi versi inatteso rispetto ai toni battaglieri annunciati alla vigilia della Direzione.
Evidentemente la pressione dell'Unione europea affinché non si corresse alle urne, così come la paura per lo spread sempre in agguato, senza contare la legge elettorale da omologare tra Camera e Senato e la scarsa volontà del Capo dello Stato di sciogliere anticipatamente il Parlamento hanno portato Renzi a più miti consigli. Sotterrata in parte l'ascia di guerra, insomma, anche perché, come si è capito chiaramente dagli interventi, i due big Franceschini e Orlando (soprattutto il ministro della Giustizia) non hanno mancato di ribadire una certa distanza nei confronti del segretario dem, anche se le loro posizioni non sono certo quelle della minoranza bersaniana e dalemiana.
La Direzione del Pd ci consegna quindi un Renzi più conciliante e molto lontano da quello di qualche settimana fa quando flirtava con 5 Stelle e Salvini per correre alle urne nel più breve tempo possibile. Il rischio scissione non è affatto scongiurato, ma certamente la rottura è oggi più lontana. Si va verso una stagione di primarie e congresso del Pd molto lunga e con diverse candidature (Emiliano in testa). Probabilmente Renzi ha capito che la prova muscolare, visto il mancato sostegno di Franceschini e Orlando, sarebbe stato un azzardo molto, molto pericoloso.