Sandro Bondi contro Berlusconi: "Sono stato un cortigiano"
Sandro Bondi: "mi vergogno di essere stato ad Arcore".
Sandro Bondi, già sindaco comunista di Fivizzano (Massa - Carrara), già coordinatore di Forza Italia dal 2008 al 2008, già ministro dei Beni culturali nel 2008 -2011 (governo Berlusconi IV), lascia l’ex - Cavaliere nel 2014 passando al gruppo Misto, poi ad Ala e poi ancora al Misto con la sua campagna Manuela Repetti.
Recentissima la sua intervista ad Antonello Caporale del Fatto Quotidiano in cui dichiara di “vergognarsi di essere stato lì”, dove l’avverbio di luogo di luogo indica Arcore e il Regno di Silvio B.
L’intervista, in verità, fa seguito ad un primo sfogo che Bondi fece a Dario Cresto Dina di Repubblica qualche anno fa in cui definì Berlusconi come il “conte Ugolino” della Divina Commedia intento a divorare i figli.
Questa volta prevale l’aspetto sommessamente masochista dell’ex ministro che gode nel darsi addosso da solo e si definisce come un ex “cortigiano di Arcore” affermando, un po’ tardivamente che, di “Berlusconi non mi dovevo fidare”.
C’è da dire che la storia di Bondi ha una traiettoria politica molto particolare. Se è vero che per certi versi Forza Italia è l’erede politica di una parte di quel Partito Socialista decimato da Mani Pulite e anche vero che di comunisti alla corte di Arcore ce ne era uno solo e cioè proprio lui, Bondi, padre spaccapietre emigrato in Svizzera nella povertà assoluta che, dice, sente di aver tradito negli ideali di sinistra.
Ora, l’attacco a Berlusconi dopo la mancata ricandidatura anche se c’è da chiedersi come Berlusconi poteva candidare la coppia di transfughi che lasciò il gruppo di Forza Italia già nel 2014 per passare al sostegno dell’allora Giovin Signore della politica italiana, Matteo Renzi.
La storia di Bondi è particolare e al limite dell’avventura.
Fu introdotto a corte dallo scultore esoterico Pietro Cascella (a cui Bondi aveva dato il castello della Verrucola in comodato a Fivizzano) che proprio ad Arcore esercitò un’arte sottile e inquietante che ha prodotto monumenti e un mausoleo misterioso che già fanno parte della leggenda berlusconiana e hanno dato adito a più di un pensiero complottista.
Lui comunista e sindaco fu accettato con gioia dal “nemico n. 1” della sinistra e gli fu dato ampio ed articolato potere. Bondi giunse nel suo eccesso adoratorio a comporre anche delle poesie dedicate a Silvio ed ora invece spara a zero sull’ex amico, ex principe, ex “padre”, ex guida.
Certamente la gratitudine non è merce comune nel nostro mondo e tanto meno lo è in politica, ma questa nuova bordata infastidisce, al di là delle idee politiche.
È stato reso famoso da Berlusconi, non sputi ora sul piatto dove ha mangiato.
E se è vero il pentimento lo mostri in maniera equilibrata e senza eccessi, altrimenti è troppo facile associarlo solo ad una conveniente lamentazione da esclusione, lagna a cui c’hanno abituato tutti i non ricandidati.
Si lamenta ora, lui che fu gerarca d’altissimo grado, del “trattamento Fini” (che ha preso il posto del “trattamento Boffo”, meno virulento) che i giornali del re brianzolo gli stanno dedicando con sottile perfidia. Una bella storia quella del “comunista toscano redento al capitalismo” che i due volevano raccontare ai nipotini davanti al tepore rassicurante del caminetto, nelle gelide notti invernali, storia che non ha resistito al tempo ed è durata solo 15 anni per lasciare spazio all’a ingratitudine e all’umano risentimento.