Politica
Sanremo, Benigni celebra la Costituzione: il dietrofront del guitto toscano
Peccato che quando Renzi voleva cambiarla stava zitto... Il commento
Tuttavia anche lui ha commesso un errore di cui non parla nessuno ma che rimane ad imperitura memoria. In un certo periodo, regnante il toscano Renzi, Benigni gli si appiccicò come una cozza quando voleva riformare la Costituzione. A quel punto però sorgeva un problema: lui che l’aveva definita “la più bella del mondo”, intangibile ed inattaccabile, doveva ora “vendere” il prodotto opposto: la Costituzione si poteva cambiare e suvvia non c’era nulla di male in un “ritocchino” come l’abolizione di botto di una intera Camera e cioè il Senato, messa proprio dai padri costituenti a tutela della democrazia.
E quindi così si espresse per salvare la capra (sua) e il cavolo (di Renzi): “Ho dato una risposta frettolosa, dicendo che se c’è da difendere la Costituzione, col cuore mi viene da scegliere il no. Ma con la mente scelgo il sì. E anche se capisco profondamente e rispetto le ragioni di coloro che scelgono il no, voterò sì”. Da notare che qualche mese prima era per il no ed a inizio anno per il sì. Insomma una posizione salda e ben determinata la sua.
In quel periodo Denis Verdini lo fulminò con una battuta memorabile: “Farebbe bene la Volpe in Pinocchio. Ma anche l’Omino di burro che raccoglie i ragazzi somarelli e li porta via nel Paese dei Balocchi promettendogli la settimana dei tre giovedì. Ma forse hanno fatto le unioni civili apposta per regolarizzare il suo rapporto con Renzi”. Quello era il periodo in cui Benigni e moglie viaggiavano in aereo con il premier e consorte e facevano cenette alla Casa Bianca con gli Obama’s e si illuminavano a vicenda.
Poi si sa come andò a finire. Renzi perse il referendum costituzionale e il povero Benigni si schiantò con lui. Ma l’ “omino di Burro” -come lo chiamò Verdini- aveva la strategia giusta. Sparì letteralmente nel nulla rifugiandosi nel suo esilio dorato, il villone megalattico sul colle Aventino, monumento perenne al radicalchicchismo di una certa parte politica. Lì sopravvisse benissimo a caviale, aragoste e sciampagna finché il popolaccio gonzo si fosse dimenticato del salto della quaglia che aveva fatto sulla Costituzione e poco a poco cominciò a ricomparire, prima timidamente, poi sempre più sfrontatamente mentre il tempo faceva il suo mestiere. E così giocando su ignoranza ed oblio è tornato a Sanremo a cavalcare l’antico destriero. Presto Monsignor Benigni sarà assoldato da Papa Francesco per aiutarlo a spiegare qualche passo del Vangelo troppo conservatore. Una mano lava l’altra e tutte e due si lavano insieme.