Politica
Sottosegretari: chi sale e chi scende. Il dossier in Cdm. Rumors
Sottosegretari, notte di dibattiti fra Conte e le delegazioni M5s-Pd: Castelli e Misiani quasi certi verso via XX settembre. Sull'editoria la spuntano i Dem
Da quando Movimento 5 Stelle e Partito Democratico hanno deciso di ‘unirsi’ hanno trascorso insieme molte notti, come ogni coppia che si rispetti. Alcune di queste piacevoli, altre più complicate e litigiose come quella di questa notte. Oggetto delle frizioni: la nomina di 42 sottosegretari. Un ritardo sulla tabella di marcia non apprezzato dal premier Conte che aveva imposto la deadline nella giornata di ieri mentre il Movimento 5 Stelle faceva sapere di aver bisogno almeno di altri 4-5 giorni.
Il che ha provocato l’offensiva propagandistica sulle ‘poltrone’ del leader della Lega Matteo Salvini. C'è già qualcosa di certo, i posti all’Economia per esempio, dove pare ormai sicura la conferma di Laura Castelli come viceministro mentre il ruolo di sottosegretario dovrebbe andare con ogni probabilità ad Antonio Misiani del Pd.
Poi la sfida delicata sulla delega all’Editoria, inizialmente ad appannaggio del M5s, nella persona di Emilio Carelli, sembra si sia ribaltata nelle ultime ore con Andrea Martella del Pd in vantaggio. Al Viminale sta andando in scena la ‘maratona più faticosa’, sia per quanto riguarda la nutrita rosa di nomi fra arruolabili del M5s e del Pd. Tra l’altro tutti nomi di peso come l’ex segretario reggente del Pd ed ex ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina che ha superato nelle gerarchie Emanuele Fiano.
Sempre agli Interni salgono sempre di più le quotazioni nel M5s di Elisabetta Trenta, nemica giurata di Matteo Salvini, al contempo quelle di Carlo Sibilia. Accesa e contesa anche la corsa all’Istruzione con Anna Ascani in pole, a seguire Luigi Marattin (nome dell’ultima ora, destinato all’Economia fino a ieri), ma anche l’ex governatrice del Friuli Debora Seracchiani. E’ una corsa contro il tempo, essenzialmente per rendere l’esecutivo subito efficiente ma anche per spegnere i megafoni propagandistici provenienti dalle opposizioni.