Politica
Su Affari Ingroia smentisce Ezio Mauro, difende Napolitano. Palamara era...
Scintille tra Ingroia e Mauro. L’ex Pm conferma i retroscena dell’incontro voluto da Napolitano. Impossibile che Mauro non conoscesse Palamara perché...
In queste ore si è tornati a parlare del conflitto d'attribuzione tra Procura di Palermo e Quirinale emerso durante il processo sulla trattativa tra Stato e mafia perché l'ex Procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia ha riferito di un incontro avvenuto con l'allora direttore di Repubblica Ezio Mauro durante il quale si sarebbe parlato di un presunto interessamento del Quirinale, guidato allora da Giorgio Napolitano, per "trovare una soluzione". Ingroia ha parlato dell’incontro anche in un libro, “Le Trattative".
Lei ha riferito di questo incontro. Come mai si è creato questo contesto...?
"Questo dovrebbe chiederlo ai protagonisti della vicenda. Io so soltanto che all'epoca mi si chiese un incontro senza neanche precisarmi di che cos'era..."
Questo incontro le fu chiesto da Ezio Mauro?
"Sì, sì, dai suoi corrispondenti che conoscevo perché Ezio Mauro non lo conoscevo. Mi dissero che il direttore voleva parlarmi di una cosa riservata. Dissi 'va bene, non c'è problema, la prossima volta che passo da Roma, visto che lavoravo come procuratore aggiunto a Palermo... non c'è problema incontrarlo'. In più in quella circostanza mi venne detto quanto ho riferito e cioè che quella situazione era molto grave..."
Parliamo del famoso conflitto di attribuzione, giusto?
"Sì, c'era il conflitto di attribuzione sulle intercettazioni, anzi si profilava questa ipotesi perché era stata preannunciata dal Quirinale a mezzo stampa ma non era stata ancora formalizzata. Mi si diceva che il presidente si vedeva costretto ad avviare il conflitto di attribuzione se non si fosse trovata una soluzione. A parte l'inusualità in merito, non c'è niente di nascosto, di non trasparente. Noi Procura abbiamo assunto una posizione molto chiara, la legge prevede che si debba seguire un determinato percorso. Non ritenevamo di condividere l'interpretazione della normativa che aveva dato il Quirinale e quindi non vedevo quale altra soluzione si potesse attivare, però per carità io sono aperto al confronto con il Quirinale o con chi altri. Così prendo questa singolare proposta in cui il presidente Napolitano proponeva che un tecnico di fiducia del presidente, quindi un magistrato o un avvocato potesse eventualmente prendere contatti con me, con noi, per verificare se c'erano margini per trovare un punto d'incontro, tecnico, sulle intercettazioni senza passare dal conflitto di attribuzione. Ho detto 'vabbè', ripeto non vedo quali altre soluzioni diverse ci siano rispetto a quelle che abbiamo portato però per carità... ".
E li venne fatto il nome del tecnico che doveva essere Palamara?
"No, vennero fatti tre nomi. Palamara, che al tempo era presidente dell'Associazione magistrati, quello del ministro della Giustizia del tempo che era l'avvocatessa Severino oppure, in quanto ex magistrato ma politicamente vicino al presidente, dell'onorevole Anna Finocchiaro che non ricordo all'epoca che incarico istituzionale avesse. Al che io dissi che dei tre conoscevo, seppur superficialmente, come ex collega soltanto la Finocchiaro ma non sapevo se se ne poteva discutere, che mi avrebbe creato un po' di imbarazzo parlare con la Severino che fra l'altro non conoscevo, e che Palamara lo scartavo in partenza perché con pubbliche dichiarazioni a mezzo stampa nei confronti nostri si era già esposto, aveva preso posizioni contro di noi del pool. Invece di difendere noi come sarebbe stato normale aveva ripreso la tesi del Quirinale, quindi mi sembrava poco adatto. Dopodiché Mauro mi disse che avrebbe riferito la mia risposta a Napolitano e che poi qualcuno mi avrebbe contattato. Quel qualcuno poi non si è mai palesato. Tranne che dopo una decina di giorni, intanto gli eventi erano in grande accelerazione per cui nel frattempo andò praticamente avanti la cosa, mi venne chiesto un secondo incontro con Mauro, la prima volta che passassi da Roma. Così ho fatto".
Quindi mi sta dicendo che il secondo incontro glielo chiese sempre Ezio Mauro?
"Sì, certo. Non è che io ero interessato a che… ma per gentilezza e cortesia non mi sono sottratto. E mi chiese se c'era stato... se qualcuno mi avesse contattato. Gli dissi che non m'aveva contattato nessuno. Ed è finita lì. Qualche giorno dopo c'è stata la formalizzazione del conflitto di attribuzione del Quirinale".
Questo è il suo racconto però c'è una reazione di Ezio Mauro che dice che non è andata così. Che invece fu lei a cercare un contatto...
"È evidente che Ezio Mauro... (ride)... la sua descrizione è un po' debole, è evidentemente imbarazzata perché deve in qualche modo coprire il presidente Napolitano, ma non ho idea. È evidente. Ha detto addirittura che io avrei chiesto un…(ride) Ero procuratore aggiunto della procura di Palermo, se avessi avuto necessità di avere un contatto con il Quirinale avremmo cercato gli uffici del Quirinale. Poi ha detto una cosa anche obiettivamente insostenibile: ha detto perfino che lui all'epoca non sapeva neppure chi fosse Palamara. Ma Palamara veniva intervistato un giorno sì e un giorno pure da La Repubblica in quel periodo perché era presidente dell'associazione nazionale magistrati. Se non ricordo male c'era il governo Berlusconi in carica, Palamara era comunque su posizioni, diciamo così, vicine a quelle di Repubblica. Ma a parte questo era presidente dell'associazione magistrati. Come si fa a dire che il direttore di Repubblica non sapesse chi fosse presidente dell'associazione magistrati?"
Si, ma se la seguo in questa sua ricostruzione dei fatti, se anche escludiamo gli attori diretti in campo, non poteva essere questa una sorta di carta che qualcuno avrebbe potuto poi potuto usare nei suoi confronti in un secondo momento?
"Ma, non lo so. No... ma non credo. Tra l'altro la vicenda l'ho raccontata in un libro che è stato abbastanza pubblicizzato e anche questo specifico episodio è stato raccontato. Ho letto da qualche parte che… forse l'ha scritto Travaglio qualche giorno fa sul Il Fatto Quotidiano… che la circostanza non era completamente ignota tanto che era stata persino pubblicata in un libro dello stesso Travaglio su Napolitano e nessuno aveva detto nulla e nessuno aveva contestato. Oggi è tornata alla ribalta perché Nino di Matteo si è ricordato lo stesso episodio e che si ricordava che io al ritorno dal viaggio da Roma ero un po' sorpreso nel raccontare questa cosa un po' singolare che mi era accaduta e che avevo riferito".
Se la seguo nel racconto quindi non è normale che vi fossero questi tipi di connessioni... di relazioni… tra un direttore, un magistrato e il Quirinale?
"(ride) Paradossalmente in trent'anni di carriera in magistratura non mi era mai successo".
Non le era mai capitato prima… ma...
"Però voglio dire leggendo le chat, le intercettazioni di Palamara, vedo che riguardano contiguità che vanno ben oltre. Chissà se ci fosse stato il trojan ai tempi, nel 2012, cosa sarebbe venuto fuori di quello che accadeva nei retroscena della politica e della magistratura associata italiana".
E lei da ex magistrato che cosa pensa dell'espulsione di Palamara dalla magistratura? Le chiedo anche una valutazione sul come è avvenuta questa espulsione.
"Diciamo che per quello che è emerso su Palamara non mi sento di prendere le distanze e dissentire dalla decisione che ha preso l'Associazione magistrati. Il tema è ovviamente che si sta usando Palamara come capro espiatorio. Non mi sento di dire 'povero Palamara' perché si capisce che è stato artefice di operazioni che hanno fatto molto male alla magistratura. Ma certamente non era il solo. Palamara ha promesso che prima o poi renderà pubbliche le cose che sa. Sarebbe bene che le raccontasse. È venuto il momento. Non so cosa aspetti".
Tornando al discorso iniziale vuole cogliere l'occasione dell'intervista sul nostro giornale per fare un invito di qualche tipo ad Ezio Mauro?
"Diciamo… l’approccio, il tipo di risposta che ha dato Ezio Mauro, è indicativo di quale è la sua impostazione, il suo atteggiamento: per lui è prioritario difendere l'immagine del presidente Napolitano. Certamente non è una cosa istituzionalmente appropriata l’iniziativa che il presidente Napolitano assunse ma non è né la prima né l'ultima. E quindi non giustifico ma posso comprendere quali sono le sue ragioni. Forse però a distanza di anni... ora che il presidente Napolitano non ha più incarichi istituzionali ... potrebbe tornare alla sana cronaca di verità e di informazione. Sarebbe il caso. Mi sorprende che un giornalista certamente di razza come il direttore Mauro non ne abbia fatto una notizia e la notizia l'abbia dovuta dare io che non faccio di mestiere del giornalista. Mi sorprende cioè che il giornalista non abbia dato la notizia. Perché la notizia in sé era che il presidente Napolitano si era rivolto a lui per chiedere un intervento con la procura di Palermo".
Secondo lei, a fronte di quanto ha raccontato ma anche da ciò che ha potuto leggere dalle chat di Palamara, è necessaria una riforma profonda della magistratura?
"Una riforma radicale della magistratura soprattutto… Ciò che va riformato in modo radicale è il metodo delle progressioni di carriera nella magistratura, la scelta dei capi, degli uffici giudiziari perché se la nomina dei capi degli uffici giudiziari è così pesantemente condizionata dalla politica..."
Dalle correnti intende?
"Politica, perché sempre politica è diventata. Le correnti si sono trasformate in una sorta di appendice dei partiti, quindi sono due cose che camminano insieme, correnti e politica. Non a caso c’è continuità tra le due cose... Le riunioni di Palamara non erano solo riunioni tra magistrati, erano riunioni miste tra magistrati, politici, ex magistrati diventati politici e politici che si occupavano di magistrati, delle carriere dei magistrati, magari politici potenzialmente inquisiti o già inquisiti dai magistrati. Questa commistione… è altro che conflitti di interessi... è l'apoteosi dei conflitti di interessi. Questa commistione penso che sia il principale problema, quindi occorrerebbe una riforma radicale del Consiglio Superiore della magistratura. Evidentemente tutti tentativi di riformarla, di sistemarla, sono falliti, gli ideali sulla base dei quali i padri costituenti hanno costituito il Consiglio pensando ci andassero i migliori rappresentanti della magistratura e la parte migliore dei rappresentanti della dottrina giuridica selezionati dal Parlamento sono del tutto andati in fumo. Non c’è solo un problema nelle carriere dei magistrati, nelle nomine soprattutto dei capi degli uffici di procura e degli organi giudicanti ma sono problemi cruciali per indirizzare la politica giudiziaria del Paese. Penso che ormai vi è un sempre più uno spiccato principio gerarchico di controllo da parte di capi degli uffici di procura, dell'attività che viene svolta da quell'ufficio. Quindi basta controllare i capi per poter condizionare le attività. Ed è chiaro che se diventa decisiva la corrente X e il partito Y, nella nomina del capo dell'ufficio della procura Z, il capo di quella procura sarà per sempre riconoscente e condizionato dalla corrente X e dal partito Y".
Abbiamo pubblicato in esclusiva e integralmente il testo di riforma della giustizia del ministro Bonafede. Tra i punti particolarmente sensibili c’è l’idea che vorrebbe il CSM organo che possa incidere sull’organizzazione degli uffici delle procure territoriali. Avremmo una riforma peggiorativa del quadro fatto emergere dalle chat di Palamara… Mi sembra proprio quello che sta dicendo lei o no?
"(ride) Sarebbe un'istituzionalizzazione dei mali della giustizia, quindi diventerebbe legittimo quello che prima si faceva di nascosto. Questo è un vecchio pallino del Pd, ancor più che del M5S che evidentemente ha fatto propria quest’idea del Pd".
Ma questa generazione, questa classe politica, è in grado effettivamente di riformare realmente la magistratura?
"Sono molto pessimista, non ritengo che sia all’ altezza di farlo ma nel contempo temo che la parte di magistratura autocritica e critica nei confronti delle degenerazioni del correntismo ed alla continuità con la politica non abbia abbastanza voce e peso. Quindi rischiano di prevalere i vecchi stili, i vecchi modelli gattopardeschi di fare delle riforma che non cambiano proprio nulla".