Politica

"Una donna Premier? La vera rivoluzione. Le donne del Pd ammettano lo smacco"

Intervista al massmediologo Klaus Davi, che parla del nuovo Governo dipingendo un suo affresco sulle scelte fatte da Giorgia Meloni

Governo, Klaus Davi: "Positivo che sia politico, ma è importante non sottovalutare il sud"

Giornalista, massmediologo e autore di numerosi libri sulla comunicazione politica, Klaus Davi parla con Affaritaliani.it del nuovo Governo.


Klaus un governo con una guida femminile questa è una rivoluzione, cosa ne pensa?

Assolutamente. E trovo veramente disdicevoli le narrazioni per cui la premier Meloni sarebbe una filiazione del potere maschile. La sinistra dovrebbe semplicemente abbozzare e chiedersi cosa non ha funzionato, il perché del clamoroso sorpasso. Ma soprattutto mi aspettavo dalle donne del Pd una riflessione più laica, più distaccata ammettendo che per loro è stato uno smacco,  senza infingimenti. E ripartire da questa indubbia sconfitta per riformare la sinistra


Qualcuno, però dice che è un "governo troppo politico"?


Risponde alla richiesta della maggioranza di elettrici ed elettori. Volevano una svolta perché la fase dei tecnici la identificano con l'aumento delle disuguaglianza e lo strapotere dei burocrati europei. Draghi ha fatto davvero i miracoli e per noi la sfiducia è stata una perdita enorme. Ma ora la gente ha scelto e questa scelta va rispettata.


Secondo lei Giorgia Meloni si è mossa bene sul piano dell'immagine?

Scrissi nel 2016 che sarebbe diventata la leader del centrodestra. In tutti questi anni, ogni volta che ci siamo rivolti a lei per le battaglie sul Sud lei c'è stata. È stata tra i pochi politici che hanno protestato pubblicamente per l'esclusione dal Festival del Cinema di Venezia del documentario su San Luca "Terra mia, non è un paese per santi", girato dal regista Ambrogio Crespi e che raccontava la mia avventura politica in Aspromonte.


Il Sud è il grande assente in questo governo?

Nello Musumeci farà sentire la propria voce e adesso a guidare le regioni ci sono personalità forti come Renato Schifani, Roberto Occhiuto e anche Michele Emiliano è uno che non le manda a dire. Questo governo vincerà se imprimerà una svolta alla questione meridionale.

 

A livello di immagine Giorgia Meloni come ne esce?

Non c'è molto di impostato, non è un tipo che punta sullo storytelling. Se per immagine intendiamo un percorso ipercostituito non è il caso della Meloni. Tutti coloro che la conoscono lo sanno. È proprio decisionista per natura, non è una mossa di marketing. Ha gestito bene la dialettica con Berlusconi e con Salvini. Ha mostrato di saper essere dura ma anche dialogante. Per ora, mi sembra un avvio positivo.

 

E i ministri?


Molti li conosco personalmente quindi il mio giudizio è un po' inficiato perché in questi anni li ho incontrati per le mie inchieste o per ragioni istituzionali. Solo pochi mesi fa Francesco Lollobrigida, neo ministro dell'Agricoltura, fece un intervento commentando una mia inchiesta su un omicidio avvenuto a Reggio Calabria. Sulla difesa del made in Italy siamo in perfetta sintonia. È un grande lavoratore, un ragazzo per bene. Di Meloni ho già detto. Stimo Guido Crosetto con cui collaborai ai tempi di Enzo Ghigo in Piemonte, al netto delle liti nei talk che spesso ci hanno visti contrapposti. Anna Maria Bernini ci metterà l'anima, è una totalizzante. 


Che cosa ne pensa Di Musumeci?

Starà a noi, intesi come società civile, stimolarlo affinché il governo non si dimentichi della Calabria. Ci faremo sentire.

 

È favorevole al Ponte sullo Stretto?

Favorevole, negli interessi dello Stato e delle istituzioni stesse. Più che per la politica è un'occasione anche per lo Stato. Solo facendo il ponte con un protocollo sulle imprese e soprattutto sui subappalti, lo Stato e la politica insieme potranno dimostrare di avere messo all'angolo le mafia. Il Ponte riconferirebbe centralità narrativa al Sud anche a livello internazionale. Se la sinistra si mettesse contro sarebbe un errore.

 

Mario Piantedosi neo ministro dell'interno?

È una poltrona che scotta. Non sarà facile per lui. Ma ha un forte senso delle istituzioni e questo è una garanzia.

 

Antonio Tajani? 

Un pezzo da novanta. Sarà determinante per la reputazione internazionale dell'esecutivo.

 

Gennaro Sangiuliano?

Un po' mi dispiace non pensare più a lui come al direttore del Tg2. Sangiuliano ha rappresentato un punto di forza della Rai di questi anni perché ha trasmesso un'immagine di uomo colto, ponderato, attento al Mezzogiorno. Il suo Tg non ha mai negato spazi alla lotta alle mafia, non sono in molti a ricordarlo. È stata una scelta coraggiosa, l'ambiente della cultura è complesso e conservatore. Ma è molto molto pignolo e testardo. Sottovalutarlo è un gravissimo errore. Farà bene.

 

Cosa ne pendi del nodo giustizia?

Una scelta forte della Premier che vuole andare oltre la riforma Cartabia. Sull'uso strumentale delle intercettazioni, la separazione delle carriere, la durata dei processi, incontra un certo consenso popolare. Lo scandalo Palamara continua a incidere eccome sull'immagine della giurisdizione. Ma attenzione: applicata alla criminalità e alla corruzione, una norma troppo limitante per le intercettazioni potrebbe compromettere importanti indagini. Spero ci sia il giusto equilibrio. Nordio è stato un importante magistrato e intellettuale. Non ha nulla da perdere. Non bisogna sottovalutare questo aspetto anche personale.

 

Daniela Santanché?

Non è dura come la descrivono. È una donna creativa e, a modo suo, anticonformista. Ci ha sempre messo la faccia, non mi ha mai negato un'intervista. Certo è molto di destra, ma è più trasversale di quanto si pensi. Secondo me potrebbe dare un forte contributo anche se se la dovrà vedere con i potentati delle Regioni. Non sarà facile, ma ha tempra.

 

Ultima domanda. Lei collabora, tra gli altri, con il gruppo Mediaset: i talk 'di destra' risentiranno  sul piano degli ascolti secondo lei?

No, non credo. Paolo Del Debbio, Giuseppe Brindisi, Francesco Vecchi, Nicola Porro sono stati critici anche quando al governo c'era Forza Italia. Non sono persone che si fanno intimidire. Non possono abbandonare quelle che sono le loro storiche battaglie. Mediaset è attenta alla politica, come è normale in un'azienda editoriale, ma ancora di più ai risultati e alla qualità, ai numeri. Rete 4 continuerà a informare a 360 gradi  e io sono contento di fare parte di quella squadra.