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Vannacci, “Il mondo al contrario” un manifesto per ritornare al passato sicuro

Vannacci, “Il mondo al contrario” un manifesto per ritornare al passato sicuro

Il generale Roberto Vannacci non si ferma. Non lo fermano l’indagine disciplinare misteriosamente materializzatasi appena è diventato Capo di Stato Maggiore. Non lo fermano gli odiatori seriali che lo attaccano subissati però dai sostenitori che non ne possono veramente più di quel “mondo al contrario” che il militare ha avuto il coraggio di descrivere e soprattutto di pubblicare in forma letteraria in una Italia in cui il pensiero unico dominante (pud) la fa da padrone. Il caso del padre della povera Elena Cecchettin è emblematico: nessuno ha il coraggio, Fazio in primis, di fargli una domanda banale e disarmante nella sua purezza e cioè: “quel profilo Twitter da cui sono partiti messaggi –diciamo così- poco edificanti è il suo oppure no?”. Questa dovrebbe essere l’essenza del giornalismo, l’ABC della professione.

E chi ha il coraggio di parlarne finisce sotto Consiglio di Disciplina dell’Ordine. Appunto un mondo alla rovescia. Il libro ha avuto un successo travolgente ed è stato il primo in classifica Amazon per lungo tempo. Ed ogni volta che se ne parla balza in alto.

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Un libro autoprodotto, venuto dal nulla, che ha trovato un grandissimo consenso tra gli italiani. Quei lettori che sono stufi del pud, del politically correct, dei bavagli all’informazione libera e indipendente, quegli italiani che vogliono dire la loro e non fermarsi al buonismo abatino di un Fazio che restituisce una immagine di un “giornalismo celebrativo” asservito unicamente al mainstream e non alla vera informazione. Il libro di Vannacci non è razzista o anti-femminista, come la vulgata di certi giornali, sempre i soliti, come La Repubblica, Domani e La Stampa vuol far credere. Il libro è invece una voce critica contro una certa Weltanschauung ideologica ed ideologizzata che rappresenta i fatti del mondo sotto un’unica luce da cui è vietato dissentire. Vannacci ci sta dicendo semplicemente che “il Re è nudo” ma le enormi fette di prosciutto sociale impediscono di vederlo. Prosciutto sociale non cospirazionista o complottista, come certi cattivi maestri del malandrinismo ideologico vogliono far credere, ma prosciutto sociale reale, depositato a bella posta sugli occhi dei cittadini da media asserviti al politically correct.

“Tutto va bene madama la marchesa”, ci propina il fazzismo orfano di Soumahoro e alla ricerca di un nuovo Re e forse di una nuova Regina. E poi quando succedono catastrofi, perché l’omicidio di una giovane ragazza lo è, ci si rifugia in un eccesso di melassa ideologica dietro a cui c’è sempre un disegno politico che prima di divenire tale passa per i volti fintamente rassicuranti del buonismo catodico o tipografico. Ma proprio l’enorme successo del libro è un sintomo, una spia che la società è satura. Ci sono molti, moltissimi –anche giornalisti- che la pensano come Vannacci ma non hanno la possibilità di esprimersi. Hanno paura. Hanno paura della repressione, hanno paura della reazione questa sì violenta, hanno paura di una Rete ormai addomesticata al woke e al pensiero unico dominante.

Vannacci non è un sintomo ma la cura. Propone un ritorno ad un “passato sicuro”, in cui le cose avevano ancora un senso e il mondo girava molto meglio di quello confusionario attuale. Un mondo in cui il Bene e il Male erano nettamente divisi, riconoscibili, le stagioni c’erano, in inverno faceva freddo e in estate caldo. Un mondo in cui c’era un padre e una madre e non genitore 1 e genitore 2. Un mondo un cui c’erano gli affetti e un tramonto aveva ancora un significato non solo estetico ma anche (e soprattutto) sentimentale. Altro che patriarcato. Allora si chiamava “romanticismo”. Un mondo in cui dire “la mia donna” o “il mio uomo” non era segno di possesso ma di una parola di cui si è perso il senso: amore.

Un mondo in cui c’era rispetto per gli anziani e i giovani non si vestivano come satanassi per fare moda e trovare una fragile identità. Un mondo in cui la Giustizia funzionava e il buon senso la faceva da padrone. Un mondo in cui una borseggiatrice finiva dentro e se ti occupavano casa ci pensava la Polizia. Ora è il contrario. Un “Eden ideale”? No, c’erano problemi anche allora ma si sapeva come affrontarli, appunto con buon senso e misura. Questo ci dice il libro di Vannacci e questo ci propone il suo pensiero.

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