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Giuseppe De Nittis, catalogo ragionato di una ‘modernité élégante’ senza tempo
Il catalogo ragionato e il nuovo allestimento di 'Casa De Nittis' a Barletta a cura di Christine Farese Sperken
Diciamo subito che le istituzioni, da quelle locali alle diverse declinazioni statali e ministeriali, dovrebbero cominciare a trattare Giuseppe De Nittis e la sua collezione alla stregua dei patrimoni storico-artistici più rappresentativi del genius italiano. Sì, proprio come il Colosseo, Castel del Monte, i capolavori del Caravaggio o le stanze del Vaticano di Raffaello; i Trulli di Alberobello o gli affreschi di Michelangelo, i capolavori di Botticelli, i Bronzi di Riace o i Grifoni di Ascoli Satriano.
Attrattori per i quali il viaggiatore è disposto a intraprendere un viaggio per venire ad osservarli di persona. Solo per essi, disposto ad acquistare un biglietto aereo e prenotare un albergo per poter godere del confronto diretto. Capolavori unici che da soli motivano tutto questo: ancor più in un contesto di attenzioni e predisposizioni che vedono la Puglia al centro dei desiderata internazionali.
Palazzo della Marra a Barletta diventa ‘Casa De Nittis’ e ad accogliere appassionati, estimatori, viaggiatori e turisti di tutto il mondo sarà lo stesso celeberrimo pittore dal suo autoritratto, posto all’inizio di un allestimento ragionato e curato da Christine Farese Sperken, per ridare slancio e vitalità a un museo aperto al mondo, ma che intende integrarsi prima di tutto con la comunità che lo circonda, lo sente proprio e lo difende e valorizza meglio.
E’ il senso domestico di una pinacoteca internazionale nata attorno al lascito di Léontine Lucile Gruvelle di una collezione unica, intima e caleidoscopica proprio come il carattere a mille sfaccettature di Giuseppe De Nittis. Ma c'è anche una ragione etica, nei confronti proprio della vedova del pittore, che dovrebbe spingere le istituzioni verso un senso di responsabilità più consapevole.
Una sorta di debito di riconoscenza, per quello che Christine Farese Sperken ricorda a tutti all’inizio del catalogo curato da Adda Editore: “Molti hanno voluto vedere nel generoso e inaspettato lascito di Léontine alla città natale dell’artista una specie di sfida all’ingrata Parigi, che così presto si era disinteressata all’opera di De Nittis, una volta uno dei pittori più amati e celebrati dell’alta borghesia della capitale francese”.
Un lascito, certo, non pensato per la musealizzazione ma forse - proprio per questo - più rappresentativo: che nel nuovo allestimento segue un ideale filo rosso, quello dipanato dai curatori guidati da Christine Farese Sperken. “Una lettura scientifica, critica e organizzata per capire la complessità moderna di un artista come Giuseppe De Nittis - sottolinea Giusy Caroppo, Storica dell’Arte e propulsore sin dall’inizio del progetto Palazzo della Marra/Casa De Nittis - barlettano proiettato nel futuro, prim’ancora di indicarlo e viverlo da Parigi e da Londra”.
L’allestimento della Sperken, che è arrivato a far commuovere una delle guide storiche della pinacoteca “per la possibilità finalmente di un racconto affascinante ed emozionante anche nelle sfumature”, spazia dall’ampia rassegna dedicata al ‘Paesaggio’ alle grandi tematiche delle ‘Corse’ e ‘Vita mondana’, dalla novità del ‘Giapponesismo’ condivisa nella specula dell’Arte nipponica con Degas e Manet, all’intimità degli ‘Affetti’.
Estendendone ed evidenziandone la modernità nei cosiddetti ‘Quadri incompleti’, “dai quali emerge - più che altrove - il vero Giuseppe De Nittis”, sottolinea Christine Farese Sperken; ma anche cogliendo aspetti inediti nella ‘Collezione grafica’, curata da Giusy Caroppo, fino a quelli più tecnici e celebrativi nei ‘Documenti e medaglie’.
Con una particolare riscoperta dell’uso prediletto dall’artista del ‘pastello’: una tecnica utilizzata solo da chi è davvero padrone del tratto - non offrendo possibilità di correzione - che dota molte opere di una particolare plasticità, confermando De Nittis anche “pastellista di prima classe”.
Giuseppe De Nittis è vissuto troppo poco. E’ stato come una scheggia o una meteora proiettata da un secolo all’altro. Versatilità, sperimentazione, vocazione alla curiosità e capacità di assorbire in tempi brevissimi, insieme al ruolo catalizzatore di sua moglie e musa, fecero dell’artista una sorta di “camaLéontine” nel consesso artistico internazionale.
“Meridionale al Sud, francese a Parigi e inglese a Londra”, diceva di lui Vittorio Pica il suo più accreditato biografo, impiega pochissimo tempo ad affermarsi tra gli “Italiens de Paris”, acquisendo una sorta di leadership tra i colleghi parigini - ben presto apprezzata e riconosciuta anche oltremanica, nei consessi artistici britannici - e diventando Il maestro dell'impressionismo cosiddetto "meridiano", per l'originale impronta mediterranea data alla famosa corrente artistica, nata in Francia nella seconda metà dell’Ottocento.
I suoi lavori, le sue tecniche, la voglia di contaminazione artistica e l’estrema curiosità verso ogni novità, portano il suo vedutismo impressionista a incrociare e rielaborare le suggestioni immortali di William Turner. In tal modo, Giuseppe DeNittis mette in evidenza un tratto “dinamico”, dove il paesaggio non è affatto statico o fotografico, perché l’autore usa sapientemente le tonalità per animarlo - a volte più degli stessi personaggi indefiniti - per scrutarne la modernità e condividerla con lo spettatore. Diventandone a sua volta interprete “moderno”: elegante come un parigino o un londinese e incisivo come un autentico uomo del Sud.
Ne è testimonianza ultima il recente quadro ritrovato a Vico del Gargano (Puglia), che raffigura il quai des Orfèvres con la guglia della Sainte-Chapelle e la cupola de les Invalides, dove le tonalità giallo-oro rimandano direttamente all’attività svolta sul lungoSenna degli Orafi, in un raffinato gioco di pennello che ne esalta artigianalità e maestria.
Il quadro, non grande ma prezioso, è un lavoro su legno (21x28cm) presumibilmente risalente al periodo a cavallo tra i cicli degli “scorci parigini” e le “vedute londinesi”; e appartiene alla collezione privata degli eredi del capo redattore diplomatico de “Il Messaggero” negli anni ’30, Francesco Maratea, di Vico del Gargano.
Ulteriore curiosità: l’imponderabile casualità degli eventi, vuole che il quadro si trovi - ancora oggi - a pochi passi da quella via dell’affascinante cittadina garganica, che l’inconsapevole attribuzione toponomastica decise - tempo addietro - di dedicare proprio a Giuseppe De Nittis.
La sfida di una ricomposizione della collezione De Nittis, secondo un allestimento scientifico, che necessita ora di un’ulteriore valorizzazione, secondo i canoni cromatici e espositivi di un moderno museo interattivo, nella “Città della Disfida” è stata vinta.
Barletta con ‘Casa De Nittis’ e una serie di presidi storico-culturali come il Castello, il Patrimonio Archeologico che la lega anche a Canne della Battaglia, il numero a più cifre di Chiese, Basiliche e Santuari, gli stessi patrimoni immateriali della ‘Disfida’ e dell’eno-gastronomia locale, nonché con l’intensa attività musicale, teatrale e letteraria, può senza dubbio candidarsi tra le Capitali della Cultura italiane.
Giuseppe De Nittis, da Barletta prima e da Parigi e Londra poi, guardava al futuro. Facciamo in modo che quel futuro, oggi presidiato e animato da tutti noi, sia all'altezza di quella visione e di quella prospettiva senza confini.
(gelormini@affaritaliani.it)
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Pubblicati in precedenza: Il 'De Nittis' ritrovato tra le brume del Gargano
Il De Nittis di Vico Garganico Firma e materiali sono 'coevi'