Aumento del caffè, a Roma la guerra del tazzina. L'Antirust apre l'istruttoria
Incubo Starbucks e globalizzazione: caffè e servizi, la grande paura delle imprese romane
L'aumento ipotizzato del caffè a Roma, il “caro tazzina” diventa una battaglia legale, una guerra del caffè che vedrà l'Associazione Esercenti pubblici di Roma di Claudio Pica, andare davanti all'Antirust per difendersi dall'accusa di aver costruito un cartello per mettere tutti d'accordo sugli aumenti.
Tutto nasce da un esposto del Condacons all'Antitrust in seguito alla proposta dell'Aeper di preparare gli esercenti romani all'arrivo delle multinazionali del caffè, ad esempio Buster Coffe, Starbucks o le iniziative in franchising che moltiplicano l'offerta con costi della tazzina decisamente superiori a quelli normalmente praticati: si vai dall'euro fisso sino a 1,10 con punte di 1,20. Così il direttivo dell'associazione, ha lanciato la proposta di un ritocco del prezzo della tazzina a fronte di un impegno dei gestori di bar e caffetterie, ad aumentare la qualità del servizio, finanziando ristrutturazioni dei locali e la formazione del personale per migliorare la storica accoglienza monolingua dei baristi romani.
Il progetto dell'Aeper
Sia chiaro, la decisione dell'associazione non è un nuovo listino ma un avvertimento agli iscritti di una svolta in senso qualitativo per rispondere all'invasione delle multinazionali del caffè e delle bevande che sono “atterrate a Roma”, forti di processi industriali e procedure che possono essere combattute commercialmente solo attraverso una riconversione qualitativa di aziende e prodotti. Da qui non un nuovo listino “alla romana”, bensì un invito ad un colpo di reni per non farsi trovare impreparati di fronte alla concorrenza che si aggiunge alla lunga crisi che ha tagliato i fatturati delle tante microimprese della tazzina.
La reazione del Codacons
Per l'inossidabile Codacons, l'ipotesi di adeguare i prezzi del caffè è diventata un'accusa diretta di aggiotaggio con tanto di denuncia all'Antirust, segnalazione alla Procura di Roma e alla Guardia di Finanza.
Finirà tutto in una bolla di sapone, intanto perché il prezzo del caffè nei bar è libero, poi perché l'Aeper non ha mai prodotto un listino ufficiale e poi perché si è trattato di un'idea associativa, addirittura da sottoporre a referendum. Infine, basta dare uno sguardo ai big-bar vedere che bancone che vai prezzo che trovi. Semmai è la qualità del caffè che fa la differenza, spinta verso il basso dalla crisi.