Roma

Bufera Federbocce: lo Sport li condanna, la Procura indaga solo contro ignoti

Inchiesta di affaritaliani.it/Parte 3. La Federbocce nella bufera e dopo la Giustizia Sportiva si apre un procedimento di 3 anni e due archiviazioni

di Valentina Renzopaoli

Bocce avvelenate, la story che scuote la Federazione Italiana Bocce era talmente nota sin dal 2017 da finire addirittura sui social, in particolare su Fb dove ne avrebbe parlato Marco Giunio De Sanctis in un post pubblicato sul suo profilo, in cui si accennava anche ad una registrazione audio.

Dunque, la notizia del pranzo tra i tre protagonisti della vicenda, Luca Pancalli, Presidente del Comitato Italiano Paralimpico, Marco Giunio De Sanctis, allora Segretario Generale del Cip e Romolo Rizzoli, allora Presidente della Federazione Italiana Bocce, del 12 dicembre 2015, durante il quale si sarebbe consumata la presunta istigazione corruttiva per impedire all'allora Presidente della Fib di ricandidarsi alle elezioni, da fatto privato diventa vicenda pubblica.

Ma quali sono state le tappe di questo infinito e incidentato iter giudiziario? Affaritaliani.it ha messo insieme la pila di carte che si sono accumulate in questi anni.

Siamo nel 2017, due anni dopo il convivio con la "proposta indecente". La Giustizia sportiva chiede informazioni e Romolo Rizzoli decide di formalizzare l'atto di denuncia nei confronti di Marco Giunio De Sanctis, sia presso la Procura Sportiva e, successivamente, il 10 marzo alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma. Si aprono, quindi, due procedimenti.

Quello sportivo viene scandito da attività giurisdizionali molto rapide, condotte dai Procuratori del CONI, Ernico Cataldi e Massimo Ciardullo. Il 7 aprile 2017 la sentenza del Tribunale sportivo formula le sue contestazioni nei confronti di Romolo Rizzoli per aver tenuto una “condotta non conforme ai principi sportivi di lealtà sportiva nei rapporti con gli altri tesserati”, in sostanza, per aver registrato la conversazione all'insaputa dei commensali. E nei confronti di Marco Giunio De Sanctis si legge nel deferimento della Procura Generale dello Sport, per “aver mantenuto una condotta gravemente ingiuriosa e non conforme ai principi di lealtà sportiva (…) al fine di pianificare e agevolare la propria elezione alla Presidenza della Fib, sfruttando l'autorevolezza di Luca Pancalli, Presidente del CIP, che organizzava e partecipava attivamente alla riunione conviviale (…) proponeva al Rizzoli di ritirare la sua candidatura alla Presidenza della FIB in cambio di una somma di denaro garantita per il quadriennio 2017-2020 quantificata in euro 36.000,00, somma che sarebbe stata pagata ricorrendo a vari artifici contabili ipotizzati in alternativa dal De Sanctis alla presenza del Pancalli, tra i quali il ricorso a fondi pubblici del CIP da far confluire nelle casse della Fondazione costituita dallo stesso CIP ovvero di altra fondazione che poi avrebbe remunerato il Rizzoli. Con le aggravanti dei aver agito per motivi abietti e di aver commesso il fatto per conseguire un utile personale”.

Sempre nel deferimento si legge: "Le dichiarazioni di De Sanctis e di Pancalli tese a dimostrare la legittimità di un eventuale incarico remunerato al Rizzoli, non appaiono credibili, così come dal tenore della registrazione non sembra sostenibile che il Pancalli scherzi quando propone ed indica la somma che secondo lui sarebbe giusto riconoscere al Rizzoli in cambio della sua rinuncia alla candidatura, poi si definisce “arbitro” tra i due ed infine si propone nella veste di “notaio” per vigilare sull’accordo scellerato raggiunto”.

Nel luglio 2017 l’avvocato di De Santis formula al Tribunale della Federbocce l’istanza di patteggiamento della pena nella quale si legge testualmente: “Il proprio assistito intende definire la questione assumendosi lealmente le proprie responsabilità per le frasi da lui pronunciate nel corso del pranzo informale (…)” e precisamente “per le sue affermazioni sconvenienti così come contestate da questa ill.ma Procura”, sopra richiamate, e patteggia la pena alla squalifica di 45 giorni dinanzi al Tribunale delle Federbocce".

Nel luglio 2017 quindi De Santis patteggia la pena alla squalifica di 45 giorni; nell’agosto successivo, il Tribunale federale condanna Rizzoli alla squalifica di 3 mesi con sospensione da qualunque qualifica federale.

Parallelamente, il 16 maggio 2017, la Procura sportiva, considerata la gravità dei fatti a seguito dell’acquisizione delle dichiarazioni, tra gli altri, di Rizzoli, Pacalli e De Sanctis, trasmetteva alla Procura della Repubblica tutti gli atti istruttori “in quanto ravvisabili a margine altre ipotesi penalmente rilevanti”. Si apre un procedimento penale presso la Procura di Roma: una storia infinita che dura da oltre tre anni. Un percorso a ostacoli, che ad oggi, ha collezionato due richieste di archiviazione da parte del Pubblico Ministero, Desirè Digeronimo, una serie di ricorsi da parte dei legali di Rizzoli avverso le richieste di archiviazione e diverse anomalie processuali che hanno allungato i tempi, facendoli diventare biblici. Il tutto, facendo correre inesorabilmente i termini di prescrizione del reato.

Così il procedimento è rimasto per oltre un anno iscritto al registro ignoti nonostante il 30 ottobre 2017, la Polizia Giudiziaria delegata dalla Procura depositava “il verbale di trascrizione integrale della conversazione ambientale avvenuta tra De Sanctis Marco Giunio, Rizzoli Romolo e Pancalli Luca”: quindi, tra persone identificate. Poi, il 10 aprile 2018, arriva la prima richiesta di archiviazione, datata 6 novembre 2017 e mai notificata al difensore di Rizzoli, benché espressamente richiesto nell’atto di denuncia. “A nostro giudizio – spiega il legale di Rizzoli, l'avvocato Enrico Napoletano - la richiesta è stata fatta sulla base di un'attività di indagine alquanto singolare, basata sull'audizione solo di persone vicine al mondo De Sanctis, su tutti Riccardo Milana, attuale Segretario generale della Fib e Antonella Fracassi, allora segreteria della Fib e allora vicina a De Sanctis”.

La difesa di Rizzoli presenta opposizione alla richiesta di archiviazione ma “dopo alcuni mesi, non avendo ricevuto alcun avviso, abbiamo effettuato un controllo presso la Cancelleria del GIP, venendo a conoscenza del fatto che il procedimento era stato archiviato de plano con decreto di archiviazione, mai notificato e senza la previa fissazione dell’udienza camerale di opposizione, nonostante l’atto di opposizione fosse stato ritualmente depositato”, aggiunge l'avvocato.

L'anomalia processuale brucia un altro anno di tempo. Ancora l'avvocato Napoletano: “Il 20 dicembre 2018 il Tribunale di Roma, nella persona del Giudice Mezzofiore, annulla il decreto di archiviazione del procedimento e dispone la ri-trasmissione degli atti al Gip, il quale, il 21 giugno 2019, respinge la richiesta di archiviazione formulata dalla Procura e dispone il proseguimento delle indagini e l’iscrizione nell’apposito registro delle notizie di reato di Marco Giunio De Sanctis. Gli atti tornano nelle mani del PM, con la prescrizione di sentire a sommarie informazioni testimoniali, Romolo Rizzoli, che non era stata mai sentita prima, per precisare i termini e le modalità della proposta corruttiva formulata da De Sanctis”.

La vicenda si riapre e il 6 settembre 2019 veniva convocato Romolo Rizzoli dinanzi alla Polizia Giudiziaria per rispondere ai chiarimenti richiesti dal GIP. “Rizzoli – si legge nelle carte - chiarisce di non aver mai avuto alcun accordo con De Sanctis che prevedesse la rinuncia a ripresentarsi alle elezioni 2017 per la presidenza della Federbocce per favorire la vittoria di De Sanctis, né in cambio di millantate agevolazioni sulla crescita di suo figlio Luca, in forza presso la Federazione Italiana Tennis Tavolo (FITET), o della promessa di affidare la gestione del Centro Tecnico Federale delle Bocce all’altro Suo figlio, Andrea, in caso di vittoria di De Sanctis, né tanto meno in cambio di una ricompensa economica pari a quanto annualmente Rizzoli percepiva quale Presidente federale: 36.000 euro per ogni anno del quadriennio presidenziale 2017-2021 cui avrebbe rinunciato se avesse accettato la proposta corruttiva di De Sanctis”.

“A quel punto – prosegue l'avvocato di Rizzoli - abbiamo pensato di dare una mano all'attività investigativa del PM, e abbiamo sentito a sommarie informazioni testimoniali i due soggetti che per primi erano stati avvicinati dallo stesso De Sanctis, i figli di Romolo, Luca e Andrea Rizzoli. Abbiamo depositato queste dichiarazioni alla Cancelleria del Pm” e il 10 settembre successivo veniva depositava anche una richiesta di iscrizione nel registro degli indagati di Luca Pancalli perché, secondo la difesa del Rizzoli, “egli avrebbe coadiuvato e non impedito la proposta corruttiva garantendo, con la sua presenza, la disponibilità economica della Fondazione CIP, di cui egli era Presidente, per remunerare Rizzoli e indurlo ad accettare la proposta di De Sanctis”. Richiesta non accolta dal PM.

Prosegue l’avvocato Napoletano: “Dopo pochi giorni il PM formula la seconda richiesta di archiviazione, ritenendo che le dichiarazioni dei figli non fossero attendibili perché legati da un vincolo parentale. Di contro però, noi ci domandiamo, questo vincolo non era stato preso in considerazione quando, in occasione della prima richiesta, erano state utilizzate solo le dichiarazioni di persone vicine a De Sanctis: Milana e Fracassi”.

La difesa di Rizzoli presenta una nuova opposizione e, a fine giugno, riceve l’avviso che l'udienza di discussione è fissata per il 28 di settembre. Sarà uno snodo cruciale per capire se i contorni di questa triste storia di bagordi e parole a ruota libera e affermazioni che relegano lo sport e la Federazione in un gioco di potere, potranno essere chiariti. Ne va della credibilità di uno sport dove la base è animata dalla passione e i vertici forse troppo presi dalla gestione delle poltrone.

Puntata 3 – SEGUE

La seconda puntata: Bocce avvelenate: “Io te darei 60 mila se non ti ricandidi”. Audio da brivido

La prima puntata: Bocce avvelenate: “Soldi per non candidarsi”, la bufera Fib non si ferma