Roma

Coronavirus follia: “La pizza margherita fuorilegge per evitare assembramenti"

In base a una legge della Regione Lazio i forni possono produrre solo pizza bianca e pizza rossa. "Col virus quella farcita genera assembramenti"

Coronavirus: il divieto per i fornai di Roma di vendere pizza farcita con verdure o con la mozzarella, la classica “margherita”, si pensava fosse uno scherzo della disordinata burocrazia romana. Invece è vero e, a chiarire che in piena emergenza c'è chi si occupa di distinguere gli ingredienti di una teglia dall'altra, è il vicecomandante dei vigili urbani di Roma, Massimo Ancellotti.

Secondo il testo della lettera che affaritaliani.it pubblica integralmente, il vero discrimine con cui i vigili possono far visita nei forni e nei panifici è il contenuto della pizza. Se è bianca o rossa, allora non c'è nessuna possibilità che si creino code pericolose, se invece spunta la mozzarella, il prosciutto cotto o le verdure, allora è chiaro che si tratta di un pericolo reale. Insomma, la pizza farcità può essere l'origine di lunghe code.

E' questa la sintesi “burocratica” del vicecomandante che, a supporto della teoria della “margherita letale”, si rifà alla legge regionale che distingue “in termini normativi” la differenza tra laboratori di pizza rustica e laboratori di pianificazione con la chiara definizione di ciò che gli uni possono fare e gli altri non devono fare.

E allora ha ragione il comandante Lancellotti: il peccato originale non è dei vigili urbani ai quali spetta la pedissequa applicazione delle normative, ma del legislatore regionale che invece di fare leggi quadro, si appassiona a una zucchina che segna la differenza tra un piazza e l'altra.

Ma a pensar male, il dramma della pizza che genera assembramenti, può avere un'altra origine. Vuoi vedere che, scavando scavando, esce fuori che a limitare l'attività dei forni, sia stata la potentissima lobby delle pizzerie a taglio che ha suggerito a qualche politico regionale di proteggere la categoria, limitando la farcitura della pizza? Non sarebbe la prima volta ma l'intera vicenda è la cartina al tornasole della gestione assurda della cosa pubblica, con miglia di leggi e leggine che distinguono la pizza coi peperoni dal “crostino”. Ma l'odiata e folle burocrazia prima o poi verrà spazzata dalle promesse elettorali che giurano di voler semplificare, riordinare e annullare i codici borbonici che invece di normare finiscono per proteggere anche microscopici orticelli. In piena emergenza Coronavirus le pizzerie a taglio si vendicano: “Se noi dobbiamo rimanere chiusi, nessuno al di fuori di noi potrò sfornare la margherita”.

Le lettera del vicecomandante della Polizia Locale di Roma Capitale, Massimo Ancellotti.

Le scrivo in qualità di Direttore della Direzione Coordinamento Studi ed Applicazioni normative della Polizia Locale di Roma Capitale. Ho avuto informale occasione di leggere un articolo con cui, in relazione a ciò che i panificatori possono vendere in questo periodo emergenziale, si sottopone a critica una circolare predisposta dall’ufficio che dirigo.

Non rappresenta mia natura entrare in polemica, né rispondere con lo stesso, davvero deludente, approccio ironico utilizzato dall’estensore dell’articolo e non cambierò certamente atteggiamento in questa occasione. Vorrei però sottoporle in valutazione il breve commento tecnico che segue che giustifica, in termini normativi ed oggettivi, il contenuto della nostra circolare.

Con Determinazione Dirigenziale della Regione Lazio 12 maggio 2014, n. G06917 è stata fornita la procedura operativa per la registrazione delle imprese alimentari ai sensi del Regolamento CE n. 852/2004 ed in conformità a quanto previsto dalla Deliberazione di Giunta Regionale 14 gennaio 2011, n. 3. In base alla normativa tutti gli operatori del settore alimentare (OSA) devono notificare alla ASL, competente per territorio, l’esistenza di uno stabilimento (un locale o un luogo fisico) nel quale avviene la gestione di un qualsiasi alimento che possa essere consumato dall’uomo. Le linee guida sulla gestione degli alimenti, dettate dalle citate normative europea e regionale, sono state rese operative con diverse Determinazioni del Direttore Generale della Direzione Salute e integrazione sociosanitaria della Regione Lazio, tra cui da ultima quella del 2014 sopra indicata. Nell’allegato A alla predetta Determinazione vengono fornite sia la modulistica che precise indicazioni per la sua compilazione, tra cui le note esplicative per definire in modo specifico ed individuare correttamente alcune tipologie di attività (allegato A5). Tra le attività illustrate nell’allegato A5 vi sono i “LABORATORI DI PIZZA RUSTICA” ed i “LABORATORI DI PANIFICAZIONE” e mentre nei primi è consentita la preparazione di tutti i generi di pizza, nei secondi solo i prodotti alimentari indicati nella circolare (vari tipi di pane e grissini, pizza e focacce tipiche di panificazione, sia bianche, sia rosse e pasticceria secca) oggetto dell’articolo.

Oltre che sorrette dalle soprariportate indicazioni normative, le disposizioni operative diramate della scrivente Direzione appaiono perfettamente in linea con la ratio essenziale di tutti i provvedimenti emergenziali, che, disponendo la sospensione delle attività di somministrazione e produzione artigianale di alimenti e bevande, intendono ridurre ogni forma di aggregazione tra persone al fine di limitare occasioni potenziali di contagio del virus Covid-19.

La stessa decretazione d’urgenza ha circoscritto a poche eccezioni la continuazione dell’attività. Nel caso di specie la vendita del solo pane e prodotti derivati e collegati è stata evidentemente concessa, in quanto trattasi di bene primario di importanza tale da agevolare e facilitare i compratori nell’acquisto anche in attività diverse dai supermercati od altri punti di vendita di generi alimentari.

Tale esigenza va soddisfatta, però, salvaguardando la salute pubblica, senza trasformare i locali delle attività di panificazione in un luogo di possibile ritrovo per una pluralità di persone che intendano consumare o acquistare un alimento la cui vendita è stata, invece, sospesa in altre attività similari, quali le pizzerie a taglio o pizzerie per il consumo sul posto.

Ora, premesso che nessuno di noi può ritenersi destinatario di tutte le conoscenze e dato per scontato che ciascuno possa commettere errori, ciò che lascia amarezza, non è la critica, davvero sempre ben accetta, ma la superficialità con cui, all’estensore dell’articolo, alla improbabile ricerca di un premio Pulitzer con la pizza farcita o meno, sfuggono in questo momento di straordinaria complessità, sia le difficoltà operative nell’attività di vigilanza e controllo delle disposizioni di questa fase emergenziale, sia la conseguente confusione generata nell’opinione pubblica.

La chiudo qui, ma le sarei grato se potesse girare tale breve nota all’estensore dell’articolo in commento al fine di contribuire forse al suo arricchimento professionale, davvero indispensabile per la più vecchia rivista telematica italiana.

Massimo Ancellotti

Direttore della Direzione Coordinamento Studi ed Applicazioni normative della Polizia Locale di Roma Capitale

 

Coronavirus: Roma vieta la pizza margherita. Dal fornaio solo bianca e rossa