Roma
Falsi immigrati, scoperta Mafia Capitale: 10 arresti, 2 dipendenti del Comune
Un'organizzazione permetteva a immigrati bengalesi di ottenere il permesso di soggiorno facendo “carte false” con la complicità di due dipendenti del Municipio
Un'organizzazione rodata permetteva a immigrati bengalesi di ottenere il permesso di soggiorno facendo “carte false” con la complicità di due dipendenti del Municipio Roma V.
Dieci arresti (4 in carcere e 6 ai domiciliari) e 3 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria sono stati disposti dal Gip del tribunale di Roma su richiesta della Procura e nell'ambito di una inchiesta del Nucleo Speciale Polizia Valutaria della Guardia di Finanza relativa al favoreggiamento di immigrazione clandestina.
Le 13 persone rispondono a vario titolo anche di associazione per delinquere, corruzione e falso. Tra gli indagati ci sono anche tre dipendenti (2 donne) dei servizi demografici del Comune di Roma che in cambio di denaro emettevano certificati di residenza falsi.
Le indagini hanno consentito di far emergere l’operatività su Roma (in particolare, presso la circoscrizione del V Municipio) di uno strutturato e collaudato sodalizio criminale, composto da persone di soggetti di nazionalità bengalese, finalizzato a favorire - a scopo di profitto - la permanenza illegale sul territorio italiano per lo più di propri connazionali, violando i presupposti giuridici per il rilascio e/o il rinnovo dei permessi di soggiorno. I finanzieri hanno individuato - anche attraverso attività di intercettazioni telefoniche ed ambientali, appostamenti ed osservazione - specifici ruoli e responsabilità, tra cuiil contributo attivo di nove cittadini bengalesi (di età tra i 31 e i 53 anni) costituenti una vera e propria “agenzia di fatto”, con il compito di “reclutare” la clientela interessata a concludere pratiche amministrative presso l’anagrafe comunale con un tariffario variabile tra gli 80 e gli 800 euro complessivi; “gestire” i successivi appuntamenti presso il Municipio, ritirare i relativi certificati di residenza e occuparsi delle “questioni” relative agli immobili utilizzati. Uno di loro, ufficialmente titolare di un’attività di assistenza fiscale, era incaricato di attivare e cessare partite IVA, oltre che essere addetto nell'organizzazione al rilascio di dichiarazioni fiscali fittizie.
C'è poi quella che le Fiamme Gialle definiscono 'compiacenza' di tre dipendenti dell’Anagrafe capitolina (A.A., classe ’66; A.L., classe ’55; S.T., classe ’60) che - dietro compensi variabili generalmente tra i 50 e i 100 euro per ogni pratica evasa - emettevano certificati di residenza falsi o rilasciavano (anche in bianco, da utilizzare a seconda delle necessità) prenotazioni per appuntamenti in assenza di ragioni di urgenza. Peraltro, il primo dei tre, A.A., ha proseguito nell’attività corruttiva, anche se trasferita ad altro incarico, mantenendo contatti con gli organizzatori al di fuori del Municipio (con ripetuti incontri in locali pubblici, quali i bar) utilizzando spesso nelle conversazioni tra loro la messaggistica Whatsapp.Inoltre c'è il coinvolgimento di due italiani (M.P., classe ’28 e M.S., classe ’72), proprietari di immobili (nelle zone di via di Tor de' Schiavi e nel quartiere Casal Monastero), disponibili a redigere contratti d’affitto o di comodato d’uso con persone che in realtà lì non vi dimorano, al contrario quindi di quanto attestato nelle dichiarazioni di ospitalità. In un caso, l’appartamento di via Tor de’ Schiavi è stato locato a 17 cittadini extra-comunitari, con offerte di ospitalità dell’alloggio ad altri 32 cittadini stranieri.
I proprietari degli immobili venivano spesso “istruiti” sulle dichiarazioni da rendere al vigile urbano in caso di controllo. I pagamenti illeciti all’organizzazione per le “pratiche” evase avvenivano per lo più in denaro contante oppure attraverso ricariche su carte Postpay.