Roma

Trasporti, la bomba Roma Tpl: “Il Comune studia l'esproprio di bus e depositi”

Autisti contro M5S: “Vi abbiamo votati, vogliamo soluzioni”

Roma Tpl di nuovo nel caos stipendi e il Comune di Roma studia come passare  alle maniere forti: “Revoca dell'appalto, pagamento diretto degli stipendi e internazionalizzazioni”, praticamente un esproprio di mezzi e impianti con una doppia ordinanza del prefetto e del sindaco.

Sono queste le strade che il Campidoglio sta valutando per chiudere il rapporto con l'Ati composta da Umbria Mobilità, il consorzi Cotri e la Vt Marozzi, società che fa capo al presidente della potente associazione dei pullmanari italiani.

A svelare il piano per far saltare l'appalto aggiudicato nel 2010 e per un valore di circa 800 milioni di euro in otto anni, è il presidente della Commissione Trasporti Enrico Stefàno che ha risposto, sulla sua pagina social, ad una serie di accuse di autisti della Roma Tpl che chiedevano una soluzione immediata al ritardo degli stipendi.

Stefàno, che è solito intrattenere rapporti privati con gli autisti, si è risentito della pubblicazione di alcune conversazioni e così per difendersi dalle accuse è andato oltre: “Purtroppo da ieri circolano in gruppi e chat diversi screenshot di mie conversazioni private (private!) con dipendenti della Roma TPL, spesso tra l'altro mistificate o esasperate nei contenuti. Per quanto mi riguarda quindi, avendo abusato della mia dedizione, non risponderò più privatamente a domande su questa questione”.

E poi ha chiarito: “Entrando nel merito della stessa, questo mese il Dipartimento sta impiegando più tempo del solito per la liquidazione poiché sta facendo alcune verifiche sulla regolarità aziendale. Purtroppo (o per fortuna) è cosi, trattandosi di soldi pubblici non può erogarli se non ci sono le dovute garanzie e adempimenti. Invito i dipendenti a impiegare la stessa energia con la quale pretendono (giustamente, ci mancherebbe) puntualità e rispetto delle regole a Roma Capitale a fare altrettanto per le aziende per cui lavorano. Le soluzioni per uscire da questa situazione assurda (che nasce nel 2010 con un appalto scellerato, con un solo partecipante e vinto con un ribasso minimo) inevitabilmente richiedono tempo. Altrimenti se in tre mesi risolvevamo anni (decenni) di problemi di questa città avremmo avuto poteri magici”.

Quindi le possibilità al vaglio: “Revoca dell'appalto, pagamento diretto degli stipendi, internalizzazione ect, tutte opzioni di difficile applicazione e che richiedono approfonditi studi giuridici e tecnici, che ovviamente stiamo portando avanti. In conclusione, posso solo immaginare il vostro stato d'animo, e comprendo la vostra rabbia, ma noi stiamo facendo di tutto per risolvere (o quanto meno migliorare) la situazione nel più breve tempo possibile”.

Il pasticcio di Stefàno appare alle 18,32 di domenica 6 novembre, scatenando la rivolta degli autisti che hanno dichiaratamente espresso la loro preferenza per il Movimento alle elezioni di primavera e che ora pretendono risposte certe.
Il tema è sempre lo stesso: per ciascuna rata dell'appalto il Comune chiede alla Roma Tpl il documento di regolarità contributiva (i versamenti previdenziali) che però la Roma Tpl non ottiene sino a quando non paga i contributi con il rateo del Comune per via di una carenza cronica di liquidità e di un bilancio nel quale sono stati inseriti i crediti storici del “lodo” con il quale la Roma Tpl si è vista riconoscere una “revisione prezzi” per un importo paro a oltre 200 milioni di euro che però il Comune si ostina a non pagare. E la storia si ripete ormai da tre anni consecutivi come un tormento in cui chi ci rimette sono gli autisti e le loro famiglie.

E la soluzione estrema è quella più alla portata del Comune, diversamente dovrà attendere la scadenza dell'appalto e poi sperare in qualche operatore internazionale che cerchi di spezzare il monopolio dell'Ati che ha iniziato a lavorare nel 1999 con le linee del Giubileo del 2000. Solo che – e il Comune non lo sa – il 20 per cento del trasporto su gomma a Roma si può vincere solo ad una condizione: avere un numero di depositi sufficiente e in zone strategiche per abbattere i costi chilometrici. E qui ritorna Roma Tpl che ne ha 5 dislocati nelle aree semicentrali. Praticamente una gara già vinta in partenza grazie alla possibilità di un ribasso che nessun operatore potrebbe controbilanciare, a meno di non lavorare in remissione. Ecco perché Roma Tpl si permette di pagare gli stipendi solo dopo che il Comune ha staccato l'assegno.

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