Il Sociale

Immigrazione, Ferri: internazionalizzazione della gestione della crisi

Il problema degli sbarci dei migranti nel Sud Italia e dell'arrivo di carovane della speranza nell'est Europa stanno  evidenziando sempre di più la necessità di risposte nuove per sanare l'emergenza immigrazione. Risposte che non possono prescindere da un'azione comune  della Ue. Ma come si deve procedere concretamente? Affaritaliani.it lo ha chiesto a Cosimo Ferri, sottosegretario alla giustizia.

Come bisogna procedere per risolvere il dramma dei migranti?
"‎I recenti episodi in materia di immigrazione rendono evidente la necessita' di un'internazionalizzazione autentica della gestione della crisi, tenendo in considerazione che oggi piu' che mai occorre prendere atto del fatto che il fenomeno migratorio presenta aspetti legati da una parte a una crisi umanitaria e dall'altra a seri pericoli per la sicurezza nazionale. Il governo italiano ha posto l'accento sulla necessita' di un'internazionalizzazione: occorre ripartire da qui', mettendo in piedi un piano efficace e concreto con l'obiettivo di fare un salto di qualita'. E' necessario approfondire ulteriormente la cooperazione tra le forze di polizia e le magistrature dei diversi Paesi dell'Ue: non solo intensificare lo scambio di informazioni, ma anche consolidare le capacita' di controllo e di intervento e le condizioni di rispetto dei diritti fondamentali nei Paesi di transito sulla sponda meridionale del Mediterraneo. Un'azione da attuare potrebbe essere quella di una vasta operazione di cooperazione a livello di strutture penitenziarie, d'indagine e di sicurezza nei Paesi in cui non sono in atto conflitti militari su larga scala. Il nostro Paese non solo potrebbe anticipare parte degli sforzi prevenendo i risvolti sociali relativa alla gestione degli sbarchi gia' avvenuti, ma contribuirebbe sensibilmente alla formazione di statualità più solide nei Paesi di provenienza e transito: e' questa una condizione indispensabile per il superamento del susseguirsi di crisi che hanno caratterizzato gli ultimi anni.‎ Credo che l'Italia abbia tutte le capacita' per caratterizzarsi come l'hangar della sicurezza rispetto all'Africa: in questo sforzo non possiamo pero' essere lasciati soli, ma occorre il supporto degli altri Paesi. Occorre lavorare per rafforzare la prevenzione nelle zone a rischio attraverso la formazione di personale specializzato e bisogna provvedere a una maggiore formazione delle forze dell'ordine dei Paesi di origine dei migranti. Cruciale, in tal senso, e' il rafforzamento dei rapporti con tutti quei Paesi che hanno rifiutato la logica indegna e omicida dell'Isis". ‎

Cosa può fare l'europa per colpire i criminale che stanno dietro a questo traffico di uomini?
"Il contrasto all'immigrazione clandestina deve essere rafforzato a partire da una maggiore cooperazione giudiziaria tra i Paesi dell'Unione europea relativa all'identificazione degli scafisti: per rendere efficace questa azione occorre che le magistrature europee lavorino all'insegna della condivisione per arrivare a un unico filone d'indagine. Essenziale poi e' l'attivazione di un progetto di cooperazione con le polizie dei Paesi di partenza dei migranti per lo sviluppo di procedure standardizzate di intervento coordinato. Occorre utilizzare centri di 'command&control' unici evitando la moltiplicazione dei livelli gerarchici così da uniformare il più possibile le azioni di contrasto attraverso Frontex e sviluppando modalità d’intervento tipizzate. I risultati conseguiti da alcuni Paesi devono spingere alla naturale conseguenza di allargare la cooperazione anche agli altri Paesi che affacciano sul Mediterraneo. Andrebbero inoltre applicate le disposizioni previste dal regolamento 863/2007 creando gruppi d’intervento rapido per poter gestire le situazioni d’emergenza. Infine contro gli scafisti, che si rendono protagonisti di atti indegni, occorre tolleranza zero: certezza della pena e procedura di confisca dei proventi sequestrati. E' essenziale poi favorire procedure premiali per i condannati che collaborino a smantellare la propria organizzazione e una procedura preferenziale per i richiedenti asilo che forniscano elementi utili ed incontrovertibili all'identificazione degli scafisti e per quelli che collaborino alle indagini volte allo smantellamento delle reti criminali".

Ma l'attuale legislazione in materia, secondo lei, non è superata?
“Come sottolineato anche recentemente dal Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, andrebbe rivista la tematica del Diritto d'Asilo europeo. Il sistema di Dublino definisce solo a quale paese rimane la responsabilità del rifugiato prevedendo la procedura di riammissione nel paese di primo ingresso nell’UE. E’ un metodo ormai superato e non è più una soluzione valida: la Germania l’ha sospeso per i siriani il 21 agosto e la CEDU ha condannato le riammissioni verso la Grecia ripetutamente. Si deve ora uniformare la politica d’Asilo fra i vari paesi europei in modo da limitare e l’asylum shopping e le sperequazioni fra i paesi, rendendo simili non solo le procedure di esame del diritto d'asilo ma anche il successivo trattamento da parte del singolo paese. Una sola politica permetterebbe di gestire in maniera più chiara le procedure, evitare abusi e limitare le violazioni dei diritti dei rifugiati secondo le convenzioni internazionali.” Ferri ha quindi aggiunto “Definire una quota a livello di Consiglio dell’Unione Europea di possibili accoglimenti e suddividerne il numero  secondo criteri di ordine demografico e economico fra i paesi membri è un buon punto di partenza. Ma forse si devono anche inserire dei bonus per i paesi costretti ad affrontare il problema in prima linea, siano essi trasferimenti economici o possibilità di sforare parametri di bilancio europei per attuare politiche sull’immigrazione.”

E per quanto riguarda la scarsità dei fondi messi in campo dalla Ue?
Eurosur, il sistema di sorveglianza tecnologico delle frontiere, costa 874 mln €, Triton 13,7 mln €, ma hanno solo il compito di vigilare i confini. Servono altrettanti fondi per la difesa attiva dei confini e non solo reattiva ciò passa attraverso il miglioramento delle condizioni di vita nei paesi di partenza.  Il nostro Paese, primariamente interessato alla regione e coinvolto in ragione della sua posizione geografica, non solo potrebbe anticipare parte degli sforzi prevenendo i risvolti sociali della gestione degli sbarchi avvenuti, ma contribuirebbe sensibilmente alla formazione di statualità più solide nei paesi di provenienza e transito, condizione indispensabile per il superamento del susseguirsi di crisi che ha caratterizzato gli ultimi anni. Serve un piano definito e con una finalità determinata per risolvere in maniera stabile un problema che con singoli interventi emergenziali non potrà mai essere risolto in maniera efficace. Su questo piano è però necessario l’impegno di tutta l’Unione Europea, gli interventi dei singoli paesi rischiano di disperdersi per mancanza di vigore e coordinamento per quanto buone siano le intenzioni che li originano, serve invero  un’azione condivisa, univoca e decisa per ottenere risultati apprezzabili.

 

Alberto Maggi
(@AlbertoMaggi74)