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Buffon: "Scommesse? La mia debolezza. Mai puntato però su Juventus e Nazionale, era la mia adrenalina"

di redazione sport

Il portiere si racconta in un libro in uscita: "Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi". Gioie ma anche dolori...

Buffon si racconta, non solo i successi con la Juve e la Nazionale. Anche la vicenda delle scommesse

Gigi Buffon, l'ex portiere di Juventus e Nazionale e ora dirigente degli azzurri, si racconta in un libro in uscita oggi "Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi" (Mondadori). Il numero uno dei bianconeri e considerato uno dei portieri più forti di tutti i tempi, parla di gioie ma anche di dolori in questo racconto della sua vita. Uno dei capitoli più controversi della sua carriera è stato quello relativo alle scommesse: "La mia debolezza - spiega Buffon a Il Corriere della Sera - fino a quando non ho trovato il mio centro. Per qualcuno è un vizio. Per me era adrenalina. Di una cosa sono certo: non ho mai fatto nulla di illegale. Infatti non sono mai stato indagato, non ho mai ricevuto un avviso di garanzia. Perché non ho mai scommesso sulla Juve o sulla Nazionale o sul calcio. Ho sempre e solo scommesso sul basket americano e sul tennis. Ora al massimo vado due o tre volte l’anno al casinò. Ma non ne sento il bisogno".

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"Ogni tanto però - prosegue Buffon a Il Corriere - la cosa torna fuori. È successo due volte. La prima nel 2006, al tempo di Calciopoli, quando nel mirino c’era la Juve. Ero a Coverciano, solita stanza 209, ritiro premondiale. Venne da me il nostro dirigente accompagnatore, con cui avevo un rapporto speciale, Gigi Riva: "Se hai fatto qualche cazzata, dimmelo". Risposi, con una punta di sadismo: "Gigi, mi conosci. Quindi conosci già la risposta”. Qualche giorno dopo venne a dirmi: "Ho preso la mie informazioni. Avevi ragione tu".

"La seconda volta - prosegue - era il 2012, prima dell’Europeo. Dormivo beatamente nella stanza 209, quando arrivò la polizia. Nel ritiro della Nazionale, alle 5 del mattino, con le telecamere fuori: i giornalisti erano stati avvertiti. Erano lì per Criscito. Lo trovai ingiusto, e lo dissi. Criscito non ebbe un giorno di squalifica; intanto però perse l’Europeo. Io fui convocato in procura. Ero talmente sicuro di non aver fatto nulla che andai da solo, senza l’avvocato. E ci rimasi male nel vedermi torchiato. Sempre con le stesse domande. Alle quali ho sempre dato le stesse risposte. La verità: non ho mai scommesso sul calcio".

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