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Condannato a morte per un tweet. Ecco la "cara" Arabia Saudita del ct Mancini

di Antonio Amorosi

Mancini dice di voler fare la storia dell’Arabia Saudita. Ma il calcio può fare la storia di un Paese dove i diritti civili sono spazzatura?

Primo caso di un uomo condannto a morte per un tweet in Arabia Saudita. E il ct Roberto Mancini, ambasciatore Unicef, accetta di fare l’allenatore della nazionale di quel Paese. Tu avresti accettato?

Nell’Arabia Saudita di Roberto Mancini allenatore della nazionale di calcio hanno appena condannato a morte un insegnante in pensione, semplicemente perché con un tweet ha criticato la famiglia reale. O meglio la notizia dell’insegnante, di nome Muhammad al-Ghamdi, 54 anni, è diventata pubblica in queste ore grazie alle rilevazioni del fratello in esilio in UK. Al-Ghamdi aveva solo 9 follower, quindi nessuno ha notato le sue critiche ai diritti umani in Arabia eppure la condanna è stata implacabile.

Nell’ultimo rapporto di Amnesty International sulla pena di morte nel mondo, l'Arabia Saudita è il Paese che ha triplicato il numero di esecuzioni capitali, portandole da 65 del 2021 a 196 del 2022, un record degli ultimi 30 anni. Mancini d’altronde ha annunciato così il suo arrivo a Ryad: "Ho fatto la storia in Europa, ora è tempo di farla in Arabia Saudita".

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Quindi vista la grande attenzione che l’ex ct dell’Italia ha sempre dimostrato per il sociale (ricordate gli spot contro le droghe, quella pro Telepass, per le Poste italiane, per Facile Ristrutturare e per la Regione Marche?) e come Ambasciatore Unicef porterà i diritti civili anche in Arabia Saudita? Un’impresa impegnativa, all’altezza di un Napoleone, un Churchill o un Carlo Magno che può davvero fare la storia dell’Arabia Saudita!? O abbiamo capito male e il calcio gli ha dato alla testa? Come recitava la sua campagna Unicef? Che bastava un semplice gesto per evitare la morte dei bambini in Africa.