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Morto Claudio Garella, addio al portiere simbolo del calcio che non c'è più

Tra i portieri della "generazione Billy" simbolo di un'Italia che non c'è più, Garella, soprannominato Garellik insegnò gli italiani a inseguire i propri sogni

Tornavamo a casa a vedere la tv e le poche partite trasmesse in quegli anni e tra le grida di mia madre perché ero tutto sporco e le mie risate perché avevo parato pure col sedere come Garella. Un mito perché non è importante quanto vinci ma come e soprattutto dove! Mi ricordo quella storica stagione 1984/85 dove tutti aspettavano il crollo del piccolo Verona, ma poi fu la gioia più grande e segno del destino. Quell'anno secondo arriva il suo Torino di cui era tifoso fin da bambino.

In quegli anni era possibile che Davide battesse Golia e che una provinciale trionfasse nel campionato più juventino del mondo. Il bello del calcio sono queste leggende che portano in trionfo la città di Giulietta e Romeo e il tricolore per la prima volta al Napoli.

In quell'estate 1987 un litigio con il mister Ottavio Bianchi lo allontana dalla città partenopea e lo porta in cadetteria nella città friulana di Udine, dove dopo un anno lo riporta nella massima serie. Stagione 1989/90 l'ultima in A della sua carriera e mi ricordo una sfida con la Juventus dove veramente parò tutto e con tutto pure col fondoschiena, portando un punto in cassaforte pure al ritorno. In quegli anni Udinese giocava vero con la Signora…

Un grande rammarico che non abbia mai vestito la maglia della Nazionale. O un vero scandalo? Magari no, però sarebbe stato un bel gesto fargli vestire almeno una volta la maglia azzurra. Il calcio moderno, e soprattutto i giornalisti, sembra voglia mettere un velo per nascondere quel decennio magico e toglierlo solo per ricordare il mondiale ‘82 e Maradona, ma tutto il fenomeno calcistico di schedina tra le dita di quegli anni sembra non essere troppo gradito.

Forse perché anche squadre non troppo etichettate potevano vincere? Forse perché molti giocatori erano troppo pane e salame? O forse perché in un paese cosi gessato e immobile l'ascensore sociale fa paura in ogni sua specie? Mi sono sempre chiesto come mai un personaggio di così ampio respiro e di imprese calcistiche epiche non fosse mai ospite di programmi calcistici e intervistato.

Avrei voluto intervistarlo, scrivere la sua biografia, ma il tempo con lui non è stato cauto e lo ha portato via a soli 67 anni nell'Olimpo dei campioni. Un esempio di Italia concreta ed efficace dove l'essere era meglio dell'apparire e dove si poteva fare strada pure partendo dal nulla. Non dimenticherò mai quel pomeriggio con un omone fiero e silenzioso che vanta un campionato di Serie D con il Casale, uno di B col Verona e lo storico scudetto sempre con gli scaligeri, uno scudetto con il Napoli di Maradona e una Coppa Italia.