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Finanza

Il Fiscal compact, cioè il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione Europea, è stato varato nel 2012. Sarà integrato, dopo la sperimentazione, nei trattati europei nel 2018: rende vincolante il pareggio di bilancio, impone un meccanismo di correzione automatica per il superamento dei gradi di avanzamento imposti, stabilisce l'obbligo di ridurre di un 20% all'anno la quantità di debito che eccede il 60% del prodotto interno.
Obiettivi, nel caso italiano, irraggiungibili ed insensati in un contesto di stagnazione economica e di disoccupazione di massa.
“Una follia è fare più volte la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi” aveva fin dall’inizio commentato Martin Wolf del Financial Times, a proposito del “Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance”, più comunemente noto come Fiscal compact.
E Alberto Lucarelli sul Fatto Quotidiano aggiungeva: “In nome della crescita europea l’Italia sacrifica il suo fondamento costituzionale: approvando, senza dibattito e in via definitiva il disegno di legge … la Camera ha spostato la sovranità dal popolo (come recita l’art. 1 della Costituzione) alla burocrazia europea”.
Il Fiscal Compact si pone l'obiettivo da un lato di espandere ulteriormente e dall'altro di rendere permanenti delle scelte ben determinate in ambito economico e finanziario. La competitività è considerata in quel documento come un valore a sé stante.

Chiediamo ad Alessia Potecchi, Presidente dell’Assemblea Metropolitana del PD a Milano, che cosa pensa della situazione:
“L'obiettivo non è il benessere dei cittadini, ma la potenza commerciale. Si sacrificano così i diritti sociali e ambientali pur di vincere la battaglia per conquistare maggiori spazi all'esportazione”.

La politica della austerità imposta dall'Europa ha determinato deflazione e attacco ai diritti e alle tutele sociali. In pratica in molti Paesi europei ha significato recessione, disoccupazione di massa, crescita di disuguaglianza, aumento della povertà.
Il presidente del consiglio Renzi ha posto con forza il superamento di questi problemi in Europa.
“E’ finito il tempo in cui qualcuno poteva immaginare di telecomandare l’Italia. Ci dobbiamo far sentire, con gentilezza e con garbo, ma dobbiamo farci sentire” sosteneva poco tempo fa, e aggiungeva “Non è una battaglia contro l’Europa”.
I problemi strutturali dell'Europa possono essere risolti con una precisa strategia capace di individuare le priorità irrinunciabili per lo sviluppo. "Un debito e una spesa pubblica come quelli italiani” ha ricordato l'ex direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli “ci mettono in condizioni peggiori di quanto fossero quelle di oltre un secolo fa, quando avevamo alle spalle Lissa e Custoza".

“I partiti, i sindacati, le forze economiche devono capire che larga parte della nostra vita è ormai condizionata da regole esterne” prosegue Alessia Potecchi “Occorre presidiarne la nascita per anticiparne gli impatti. L'impressione è che in Europa ci si stia muovendo come in Brancaleone alle Crociate, dove la diffidenza reciproca e l'ignoranza del contesto generano un dialogo, perfetta metafora di quanto è apparso sinora: "Onde ite?" " Senza meta". "Anca noi, ma per diverso percorso ..."

Ma che cosa può fare il governo italiano in questo frangente?
“Le ultime proposte di Renzi hanno un respiro strategico. Non è una forma di accattonaggio per strappare come flessibilità qualche decimale in più. Renzi chiede che l'Europa vada avanti sulla strada dell'integrazione politica, fiscale, sociale. Pone il problema di una svolta: dall'austerità allo sviluppo.
L'Europa non può basarsi solo su una moneta, l'euro, che, in assenza di politiche espansive, appare sempre più come un travestimento del marco. L'Europa barcolla nel buio, è alla ricerca di rimedi. Le scappatoie concesse alla Gran Bretagna, purtroppo, spalancheranno la porta ad altri negoziati. Il potere è esercitato da una burocrazia, quella europea, che non ha dietro un'organizzazione di Stato democratico programmato definito. Il Parlamento Europeo non ha nessun ruolo. La Commissione è al guinzaglio della Germania e della Merkel. L'Europa, se non cambia, è alla vigilia della sua disgregazione. L'Italia può, come è avvenuto in altre fasi della storia, essere invece tra i protagonisti del rilancio dell'Europa, così come l'aveva immaginata Altiero Spinelli” aggiunge Alessia Potecchi.

Come siamo messi con i tempi?
E’ necessario anticipare la verifica del Fiscal Compact. Non si può perdere altro tempo. L’Europa non può rimanere nelle sabbie mobili dell’austerità. Renzi non è isolato su questo terreno, la BCE, il Parlamento Europeo, il Sindacato Europeo, i Paesi del Mediterraneo sono alleati disponibili. Insomma la partita della ripresa e della crescita può essere vinta” conclude Alessia Potecchi.

D’altra parte anche il presidente del Parlamento Europeo Schulz afferma "Sono assolutamente d'accordo con Renzi. Io già in campagna elettorale continuavo a ripetere che non riusciremo mai a sanare un deficit pubblico o un debito sovrano senza la crescita".
Infatti occorrerà riflettere sul Fiscal Compact siglato nell’ormai lontano 2012, per valutare con calma se veramente incorporarlo nei trattati dell'Unione Europea. Secondo il presidente Schulz sarebbe necessaria una modifica dei Trattati, cosa che difficilmente potrà accadere “sic stantibus rebus”.

Paolo Brambilla

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