Finanza
Il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi
Il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, costituito nel 1987 nella forma di consorzio volontario, è oggi un consorzio obbligatorio di diritto privato, riconosciuto dalla Banca d’Italia. Scopo del Fondo è quello di garantire i depositanti delle Banche consorziate (D. Lgs. n. 659/96 G.U. 27 dicembre - Direttiva n. 94/19 CE).
Aderiscono al FIDT tutte le banche italiane, ad eccezione di quelle di credito cooperativo aderenti al Fondo di Garanzia dei Depositanti del Credito Cooperativo.
Sono garantiti conti correnti, depositi (anche vincolati), assegni circolari, certificati di deposito nominativi. Dal 2011 il limite di copertura per depositante è stato portato da 103.291,38 euro a 100.000 euro, applicato a ogni banca aderente al FITD, cioè per il privato con più conti ecc. il livello di copertura è pari a 100.000 euro su ciascuna banca. Nel caso di un conto cointestato la garanzia vale pro-quota per ciascun depositante, se non possiede altri conti correnti presso lo stesso istituto. La garanzia si estende anche alle persone giuridiche (con alcune esclusioni).
Investimenti in titoli, pronti conto termine, Certificati di deposito al portatore non sono tutelati dal FITD, mentre lo sono, come già detto, i Certificati di Deposito nominativi. Per l’oro, che è un deposito fisico, il discorso è diverso e il FITD non se ne occupa. Infatti se una banca fallisce, l’oro come tutto ciò che è stato fisicamente depositato (beni di valore, ecc.), va restituito al legittimo proprietario perché non fa parte dell’attivo della banca fallita e non fanno parte del processo di liquidazione.
Tutte le banche italiane, come anche le filiali italiane di banche extracomunitarie, devono aderire obbligatoriamente al FITD. Ciò vale anche per le banche online. Le filiali di banche comunitarie invece non sono obbligate, ma possono aderire volontariamente al FITD. Se la banca straniera non aderisce al FITD, la garanzia corrisponderà a quella offerta dallo Schema di Assicurazione dei Depositi del Paese di origine della banca.
Finora il Fondo è intervenuto nei seguenti casi (istituto, anno, motivo, importo):
1 CASSA DI RISPARMIO DI PRATO 1988 INTERVENTO DI SOSTEGNO 413,2
2 BANCO DI TRICESIMO 1990 RIMBORSO DEI DEPOSITANTI 3,4
3 BANCA DI GIRGENTI 1991 CESSIONE ATTIVITA' e PASSIVITA' 37,2
4 BANCA DI CREDITO DI TRIESTE 1996 CESSIONE ATTIVITA' e PASSIVITA' 86,8
5 CREDITO COMMERCIALE TIRRENO 1997 CESSIONE ATTIVITA' e PASSIVITA' 51,4
6 SICILCASSA 1997 CESSIONE ATTIVITA' e PASSIVITA' 516,5
7 BANCA VALLE D'ITRIA E MAGNA GRECIA 2010 CESSIONE ATTIVITA' e PASSIVITA' 5,0
8 BANCO EMILIANO ROMAGNOLO 2011 INTERVENTO DI SOSTEGNO 16,0
9 BANCA MB 2011 CESSIONE ATTIVITA' e PASSIVITA' 40,0
10 BANCA NETWORK INVESTIMENTI 2012 RIMBORSO DEI DEPOSITANTI 73,9
Diversa è stata considerata ultimamente la posizione di Banca Marche, PopEtruria, CariFerrara e CariChieti. Secondo una stima di un paio di mesi fa, per rimborsare i loro depositi sarebbero serviti al Fondo Interbancario oltre 12 miliardi di euro. Ma l’Unione Europea blocca sempre questo tipo di iniziative, come anche l’ingresso del Fondo su Banca Tercas, ipotizzando gli estremi di aiuto di Stato.
Salvatore Maccarone, presidente del Fondo Interbancario, in Commissione Finanze alla Camera nell’ottobre scorso dichiarava: “Se la fiducia nel sistema bancario venisse meno, qualunque banca salterebbe. Se venisse meno la certezza della tutela ci sarebbe la fuga dei depositi”.
Quindi si è passati a un salvataggio “politico”: ci potrebbe però chiedere quali siano le colpe della Banca d’Italia. “Dopo il danno, anche la beffa” scrive sul Fatto Quotidiano il prof. Beppe Scienza. “Chi pochi giorni fa ha visto azzerarsi le sue obbligazioni, può prendersela (anche) con la Banca d’Italia per il danno subito, ma per il resto deve dire grazie all’informazione economica italiana. Avrà infatti sentito in televisione e letto sui giornali che “non è stato applicato il bail-in”, tanto temuto, e che “i risparmiatori sono salvi”. La prima affermazione è formalmente vera ma fuorviante, la seconda bellamente falsa”.
Che dire? La Consob ha avviato le necessarie verifiche, per capire se i titoli delle banche fallite, il cui valore è stato azzerato, siano stati venduti a clienti in grado di comprenderne i rischi: "Stiamo facendo accertamenti anche se non abbiamo avuto segnalazioni particolari", ha dichiarato Giuseppe Vegas, presidente della Consob.
Del resto a questo salvataggio di Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti, si sono opposte duramente anche le Bcc. Lo dichiarava, in un colloquio con Radiocor, il presidente di Federcasse, Alessandro Azzi. “Credo che ci siano le ragioni per andare a verificare se questa era l’unica soluzione praticabile e, qualora fosse così, per cercare di attenuarne gli effetti”. Sottolinea inoltre di aver sempre espresso dubbi sul funzionamento del Fondo di risoluzione e torna a chiedere perché non sia stato possibile fare ricorso al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi.
Paolo Brambilla