Affari Europei
Caso Battisti, un'opportunità di riflessione nazionale

Dopo quasi quarant'anni di latitanza tra Europa e Sud America Cesare Battisti ha trascorso la prima notte in una cella del carcere di Oristano. L'ex militante dei Pac (Proletari Armati per il Comunismo), catturato in Bolivia dall'Interpol, é stato sistemato in una cella di isolamento, dove rimarrà almeno per i primi sei mesi. Poi verrà messo insieme agli altri detenuti per scontare la sua condanna all'ergastolo.
Dopo l'arresto del famigerato terrorista da destra e sinistra si sono levate dichiarazioni di plauso, ma come é possibile che un pluriomicida sia riuscito a restare in libertà per 37 anni, senza che lo Stato italiano riuscisse a riportarlo in Patria per fargli scontare la pena? “Battisti aveva appoggi importanti tra i politici in Europa e in Brasile. Quando ha vissuto in Francia ha goduto della dottrina Mitterrand, mentre in Sud America é stato protetto dai governi di sinistra”, spiega ad Affaritaliani.it Stefano Maullu, eurodeputato di Fratelli d'Italia.
Il suo arresto secondo lei é dovuto più all'opera del governo o alle mutate condizioni politiche in Brasile?
“L'arresto di Battisti é stato reso possibile grazie all'incredibile lavoro compiuto dagli uomini e dalle donne della Digos di Milano, che hanno fatto un lavoro incredibile. Determinante é stata poi l'elezione di Jair Bolsonaro in Brasile, un uomo di destra che ha cancellato ogni tipo di appoggio politico a Battisti”.
Perché si parla così tanto di Battisti e non delle altre decine di terroristi con fedine penali più o meno sporche oggi a piede libero?
“Il suo mito é iniziato quando ha pubblicato il suo primo libro. E' stato poi amplificato dai salotti buoni di sinistra e dall'intellighenzia nazionale, che ne hanno fatto una primula rossa di fama internazionale. Anche se poi all'estero le sue opere letterarie non hanno avuto granché successo”.
Ha ancora senso che Battisti sconti l'ergastolo dopo 40 anni?
“Assolutamente sì. Sia per rispetto nei confronti delle vittime dei suoi vili omicidi. Sia per riaffermare l'autorità dello stato. Ma deve soprattutto essere l'occasione per una riflessione a livello nazionale. Il terrorismo spaccò l'Italia in due come non é accaduto in nessun altro Paese. Ci portiamo ancora addosso quelle ferite, anche se una vera riflessione non c'é mai stata”.
Di che genere di riflessione parla?
“Negli anni '70 vivevamo incredibili tensioni sociali che sfociarono nella violenza, nella maggioranza dei casi di stampo comunista. Oggi viviamo altrettante tensioni che però hanno trovato altre vie per esprimersi, come lo sfogo antipolitico di stampo grillino. Capire la propria storia significa capire gli errori fatti per non ripeterli”.
Sarebbe favorevole alla pena di morte per gli autori di crimini efferati?
“No, sono contrario alla pena capitale perché non penso sia degna di una democrazia evoluta. La galera deve avere una funzione rieducativa di chi ha commesso un reato”.
Secondo lei c'é una differente attenzione da parte dello Stato nel perseguire terroristi neri e rossi?
“Non credo ci sia una differenza di trattamento. Storicamente il terrorismo di stampo comunista ha avuto numericamente un peso maggiore e questo giustifica il fatto che all'estero oggi vivano molti più terroristi rossi che neri”.