L’Ue pronta ad accogliere i migranti. Ma in Europa si teme l’onda xenofoba - Affaritaliani.it

Affari Europei

L’Ue pronta ad accogliere i migranti. Ma in Europa si teme l’onda xenofoba

Lunedì i ministri dei ventotto Stati che compongono l’Unione europea dovrebbero dare il loro via libera al piano di accoglienza e di redistribuzione delle migliaia di profughi che ogni giorno arrivano via terra dalla Turchia o su precarie imbarcazioni dalla Libia. Al di là dei numeri in termini assoluti (160mila sono le persone che verranno smistate) l’Unione europea ha dato prova, grazie al fondamentale appoggio della Germania, di saper fornire una risposta alla crisi. Ora però Bruxelles e tutti gli Stati dovranno fronteggiare una nuova minaccia: l’onda dell’estrema destra.

Se da un lato abbiamo assistito a scene di grande umanità e solidarietà, ricordate anche da Juncker durante il suo discorso sullo Stato dell’Unione, dall’altro la marea nazionalista e xenofoba monta inarrestabile. Da un lato abbiamo le file di macchine che vanno a prendere al confine ungherese i profughi. Dall’altra i neonazisti che incendiano gli edifici individuati per accogliere i migranti.

In molti allora si chiedono se l’Europa sta per essere investita da una ondata di xenofobia e nazionalismo. Secondo una analisi di Vocativ, da aprile ad agosto il consenso degli europei nei confronti dei partiti di destra è cresciuto. A dirlo sono i social network dove l’Ukip, l’United Kingdom Indipendence Party è salito del 13%. Su Facebook il Denmark’s Folk Party ha fatto un balzo del 67%, mentre il Front National della Le Pen ha incrementato i suoi followers di quasi il 14%. Certo, sono dati da prendere con le pinze, ma sono un termometro che ci suggerisce qual è l’atmosfera che si respira in Europa.

A peggiorare la situazione ci si mettono i governi. Dall’Ungheria alla Polonia, passando per l’Inghilterra, sono in molti a usare toni forti contro i migranti, senza però offrire soluzioni accettabili. La giornalista ungherese che sgambetta un padre con la figlia in braccio è frutto di questo clima alimentato anche dalle politiche di governi come quello di Orban.

Che fare allora? La Germania è forse il Paese che ha la chiave della soluzione: si chiama integrazione. Berlino ha accolto, negli anni, milioni di turchi e di profughi dai Balcani ed è riuscita ad integrarli nel proprio tessuto sociale. Si parte dalle scuole, dove i ragazzi che fuggono dalla guerra devono imparare non solo il tedesco (o l’italiano) ma anche la nostra cultura e il nostro stile di vita. La Merkel lo ha ricordato più volte nei suoi discorsi pubblici. In Germania un elemento cardine è costituito dal lavoro: l’economia assorbe la manodopera e permette a chi arriva di poter sognare una vita migliore.

Se l’Europa fallirà nell’integrare i milioni di rifugiati che quest’anno (e nei prossimi 20 anni, secondo il Pentagono) arriveranno nel Vecchio continente, la destra avrà campo libero e crescerà in ogni Paese. I cittadini europei sono disposti ad accogliere i profughi, ma al primo disordine, al primo fatto di cronaca nera, i partiti populisti, nazionalisti e xenofobi avranno buon gioco a fare leva sulle paure degli elettori a proprio vantaggio.

In prima linea ci sono gli Stati, che devono approntare tutte le misure necessarie all’integrazione: campi dignitosi e diffusi sul territorio, istruzione per i più piccoli, mediatori culturali, controlli delle forze dell’ordine e programmi di inserimento. I migranti economici, dicono gli analisti, devono essere rimpatriati al più presto, per alleggerire il peso dell’accoglienza.  L’Europa può fare la sua parte in due modi. Prima di tutto fornendo sostegno economico agli Stati. In secondo luogo coordinando gli sforzi in un piano collettivo, in modo che, attraverso il principio della solidarietà, ognuno faccia la sua parte a seconda delle sue forze.