Affari Europei

Lavoratori distaccati, contro il dumping sociale un giro di vite dell'Ue

Quello dei lavoratori distaccati é un fenomeno di dumping sociale su cui il Parlamento Ue sta intervenendo. L'intervista a Brando Benifei

 

I lavoratori distaccati sono quelle persone che, pur essendo assunte da una azienda di uno Stato Ue, lavorano temporaneamente in un altro Paese dell'Unione. Questa possibilità di movimento dei lavoratori all'interno dell'Europa, caposaldo del mercato unico, ha però reso possibili degli abusi. Non é infatti inusuale che una persona sia assunta in un Paese dove gli stipendi sono bassi, come gli Stati dell'Est, per poi essere mandato a lavorare nell'ovest del Vecchio continente. Emblematico é l'esempio dei camionisti polacchi, assunti con contratto locale, che lavorano in Italia alla metà dello stipendio di un italiano.

"I settori più colpiti dal fenomeno sono quello delle costruzioni, dell'agricoltura e dell'autotrasporto", denuncia ad Affaritaliani.it Brando Benifei, eurodeputato del Partito democratico che a Strasburgo segue da vicino il tema del lavoro. "Sono persone assunte con contratti come quello polacco o bulgaro, ma che poi lavorano nell'Europa occidentale, in Italia o in Francia ad esempio. Questo dumping sociale é deleterio per i lavoratori in primis e anche per le aziende che si trovano a fronteggiare una concorrenza scorretta".

Per questo le Istituzioni Ue hanno messo mano al regolamento del settore e avviato un confronto interno (tra Parlamento, Commissione e Consiglio) per cercare dei correttivi. Le principali modifiche che saranno introdotte, rispetto alla direttiva del 1996, riguardano la retribuzione, la durata del distacco, i contratti collettivi e i lavoratori interinali.

Nel 2015 sono stati registrati circa due milioni di lavoratori distaccati nell'Unione europea e fra il 2010 e il 2014 il loro numero é aumentato del 41,3%. Tuttavia i lavoratori distaccati restano una minoranza, non arrivando a rappresentare l'1% dei lavoratori totali nell'Ue. I lavoratori distaccati arrivati in Italia sono lo 0,3% della popolazione attiva nostrana.

Onorevole Benifei, gli Stati Ue sono stati compatti nel voler intervenire su questo tema?

"A dare una spinta perché la situazione trovasse una soluzione é stato Emmanuel Macron, che ha anche affrontato il tema quando é stato in visita nei Paesi dell'est Europa. Lo ha fatto non tanto per l'impatto economico che questo provvedimento puó avere, ma come segno del tipo di Europa che vogliamo costruire".

I Paesi dell'Est sono quelli maggiormente contrari a modificare lo status quo?

"Sí, perché tendenzialmente sono i lavoratori orientali che vanno a lavorare nell'Europa occidentale. L'allargamento ad Est dell'Unione ha portato ad un dumping sociale inaccettabile che oggi é causa di un mercato del lavoro squilibrato".

Cosa prevedono le nuove norme?

"Non solo un allineamento del salario del lavoratore distaccato a quello del Paese in cui si reca a lavorare dopo un certo periodo di tempo, ma anche degli oneri sociali aggiuntivi che sono equiparati completamente al lavoratore locale".

Dopo quanto tempo avviene questa equiparazione?

"Come gruppo socialista al Parlamento europeo avevamo raggiunto un accordo con i popolari su 24 mesi. Si tratta di un tempo piú lungo di quello che avremmo auspicato, ma abbiamo ceduto per portare a casa un accordo su altri capitoli".

Che cosa avete chiesto?

"Abbiamo ottenuto dal Ppe l'applicazione dei contratti locali, e non solo nazionali, ai lavoratori distaccati. E poi l'estensione della normativa ai subappalti, che venivano utilizzati per aggirare le norme che anche oggi sono in vigore. Tuttavia il Consiglio, grazie al pressing di Macron, ha portato i mesi da 24 a 12, che era anche la nostra proposta di partenza. Questo tetto é importante anche per un altro motivo".

Quale?

"Il Parlamento sta mettendo mano al coordinamento tra i sistemi di calcolo degli oneri previdenziali tra i vari Paesi Ue. Si tratta in parole povere di un provvedimento per intervenire sul regolamento esistente che determina il modo in cui gli Stati si rapportano nel calcolo dei contributi previdenziali quando un lavoratore che viene da un paese A va a lavorare in un paese B, assunto da una azienda di quel Paese. Oggi lo Stato di partenza contribuisce a parte della copertura previdenziale per i primi 24 mesi, ma la normativa sui lavoratori distaccati inevitabilmente influirà su questo termine che sarà spostato a 12".