Affari Europei
Mercato unico dei capitali, Zanni (M5S): “Così si ritorna alla finanza allegra del 2008”
Di Tommaso Cinquemani
@Tommaso5mani
Onorevole Zanni, durante la seduta plenaria del Parlamento europeo qui a Strasburgo si è discusso del pacchetto sull'Unione dei mercati dei capitali. Di che cosa si tratta?
“L'obiettivo iniziale della Commissione era un provvedimento di armonizzazione delle leggi sul mercato dei capitali. Adesso, secondo quello che ha detto il Commissario Hill, si tratta di un provvedimento concentrato sulla spinta di alcuni prodotti finanziari, in particolare le cartolarizzazioni”.
Qual è il fine ultimo del Mercato unico dei capitali?
“Dovrebbe aiutare a sbloccare l'enorme massa di liquidità che esiste sui mercati a favore delle Pmi. Tuttavia siamo scettici sullo strumento scelto. Hill ha parlato di cartolarizzazioni trasparenti, ma vorrei vedere come tradurrà questo bell'accostamento in una proposta normativa”.
Questo progetto è destinato a fallire?
“Qui si vuole replicare il modello statunitense, dove il credito viene erogato al sistema produttivo non solo dalle banche, ma anche sul mercato dei capitali. Quello che però Hill non considera è che le imprese Usa sono in media molto più grandi e hanno più facilità a rivolgersi al mercato. In Europa le Pmi non riusciranno a finanziarsi sui mercati perché il credito avrebbe costi troppo alti”.
Qualcosa come i minibond del 2012?
“Esattamente. Tre anni fa si autorizzarono le emissioni obbligazionarie per le imprese non quotate, che poi sono state un flop. Un'azienda che fattura 5-10 milioni di euro non può emettere un bond perché ci sono costi enormi da affrontare. Inoltre un investitore chiederà un tasso di interesse altissimo, non ripagabile”.
Perché allora la Commissione avrebbe fatto questo tipo di proposta?
“Quello che noi temiamo è che si vada di nuovo verso una deregolamentazione dei mercati dei capitali. Dopo lo scoppio della crisi nel 2008 c'è stata una stretta sul settore finanziario, oggi sono in molti a spingere perché si ammorbidiscano le restrizioni. Il rischio è tornare ad una finanza allegra”.
Qual è la vostra proposta alternativa per dare alle Pmi accesso al credito?
“In Europa il credito bancario è ancora preponderante e noi dobbiamo lavorare perché arrivi alle Pmi. Serve un sistema bancario focalizzato sull'economia reale, con le banche commerciali separate da quelle d'affari, l'economia reale dalla speculazione”.
La politica di Tlro (long term refinancing operation) della Bce vi ha convinto?
“E' stata una grande montatura, perché le banche che prendevano soldi in prestito dalla Bce non avevano alcun obbligo di prestarli all'economia reale. I soldi che sono stati presi sono stati usati per comprare titoli di stato e guadagnarci sulla differenza”.
Il social lending, il prestito cioè di denaro tra privati, disintermediato dalle banche, può essere una soluzione?
“Certo, il social lending, come il peer-to-peer, avranno un ruolo sempre maggiore. Ma la Bce potrebbe fare un 'quantitative-easing for the people'”.
Di che cosa si tratta?
“E' una teoria sviluppata da un professore di Oxford che propone di stampare soldi non per darli alle banche, ma a tutti i contribuenti. Negli Usa lo hanno già fatto. Quei soldi sì che poi entrano nel circuito economico, creano consumi, inflazione e fanno ripartire l'economia”.