Affari Europei

Muri, bazooka ed euroscetticismo. Così sono passati 365 giorni di Europa

Di Tommaso Cinquemani
@Tommaso5mani

Professore, com'è stato questo anno per l'Unione europea?
“E' stato un anno difficile. Difficile perché ci sono state diverse crisi intrecciate tra di loro: quella del debito sovrano con la Grecia, la crisi economica in generale, il terrorismo e la crisi dei migranti”.

Partiamo dall'economia, l'Europa si sta riprendendo dopo il tonfo del 2011?
“Ci sono dei segnali positivi, ma l'economia europea continua a crescere poco. L'azione della Bce con il quantitative easing, il prezzo del greggio basso e la svalutazione dell'euro rispetto al dollaro stanno aiutando il nostro settore produttivo. Ma il rallentamento dell'economia cinese e brasiliana, sommata alle sanzioni contro la Russia hanno reso più incerta la ripresa”.

Una delle parole d'ordine di questo 2015 è stata 'flessibilità'. Il governo Renzi rivendica di averla ottenuta da Bruxelles, e da Berlino, ma è davvero così?
“Si è rafforzata la posizione di quei governi che spingono per misure più decise in favore della crescita e dell'occupazione. L'emergenza migranti e quella del terrorismo hanno effettivamente allentato il rigore sui conti pubblici”.

L'Europa come ha affrontato la crisi dei migranti?
“Non bene. Il flusso dei richiedenti asilo minaccia uno dei principi cardine dell'unificazione europea: la libertà di movimento sancita dal trattato di Schengen. Il fatto di non trovare accordi sulla redistribuzione dei profughi e i muri che molti Stati hanno innalzato mettono a rischio l'abolizione dei confini interni all'Unione”.

La crisi dei migranti e la lotta all'Isis sembrano avere messo in secondo piano un altro fronte caldo, quello con la Russia...
“Le sanzioni sono state rinnovate recentemente, ma l'attenzione di Bruxelles è focalizzata effettivamente su altro. Mosca è un partner strategico su molti fronti, senza contare che le sanzioni economiche hanno colpito l'export di diversi Paesi”.

Quest'anno si è votato in tre grandi Stati: Francia, Spagna e Gran Bretagna. In ognuno di questi le forze euroscettiche hanno avuto buoni risultati. Sono ormai il terzo polo a fianco di socialisti e popolari?
“Le forze nazional-populiste e gli euroscettici trovano terreno fertile in questo stato di crisi generalizzato. Crisi dell'Europa, crisi economica, crisi dei migranti e della sicurezza interna. Ma la loro avanzata ha messo in luce in molti Paesi l'impreparazione dei sistemi elettorali di garantire stabilità dopo il voto”.

La lotta al terrorismo è una delle grandi sfide che gli Stati nazionali e l'Europa devono affrontare. Siamo preparati?
“Gli attentati sul suolo europeo, ma anche le azioni militari contro l'Isis in Siria, mettono in luce le divisioni interne all'Europa sulle strategie da adottare. Non c'è stata una risposta comune perché non c'è abbastanza delega di sovranità verso l'Europa. Questo fa si che i poteri dell'Alto rappresentante Federica Mogherini siano limitati e che quindi la risposta europea sia debole. È evidente come le crisi di cui abbiamo parlato abbiano interrotto il processo di integrazione e anzi, rischiano di farci fare dei passi indietro”.

Nel suo ultimo libro, La società europea, lei ventila l'ipotesi che un nucleo di Stati faccia da apripista nel processo di integrazione. È questa la strada?
“L'Europa ha un istituto, quello della cooperazione rafforzata, che permette ad alcuni Stati di collaborare su alcuni temi, senza una modifica dei Trattati, che allo stato attuale richiede troppo tempo. Credo che questo sia uno strumento utile per far progredire la collaborazione nell'Eurozona tra gli Stati fondatori: Italia, Francia e Germania”.

L'Europa è ancora a trazione tedesca o qualcosa è cambiato?
“Se guardiamo il livello economico la Germania rimane l'economia più forte. Alcuni fatti però hanno scosso il prestigio tedesco, l'affidabilità della sua organizzazione, come lo scandalo VolksWagen o il disastro della GermanWings. Berlino però continua ad avere un ruolo fondamentale, in Europa non si prendono decisioni importanti senza che la Germania sia d'accordo”.