Brexit, Trump, Wilders, Europa. I miti da sfatare sulle elezioni olandesi
Dalla nuova Brexit al nuovo Trump. Dal trionfo di Wilders al referendum sull'Ue. Ecco tutti i miti da sfatare sulle elezioni olandesi
Elezioni olandesi: un abisso tra gli osservatori interni ed esterni
Il tempo è ormai scaduto. Le tanto temute elezioni olandesi sono davvero arrivate e sono pronte ad aprire un anno fondamentale per l'Unione Europea con gli elttori che saranno chiamati alle urne, dopo l'Olanda, anche in Francia e Germania. In tutto ciò c'è una cosa che è sicura: c'è un abisso tra come le elezioni olandese sono viste all'estero e come sono viste in madrepatria. Gli osservatori europei e occidentali vedono il voto come un test fondamentale per la tenuta dell'Ue. Ad Amsterdam e dintorni, invece, il tutto è visto in maniera molto meno drammatica.
In Olanda non ci sarà una nuova Brexit o un nuovo Trump
Piuttosto che essere un'elezione in cui il vincitore prende tutto, come nel caso del referendum sulla Brexit o le elezioni americane, in Olanda le elezioni saranno una spartizione di potere tra 28 partiti presenti alle urne, la maggior parte dei quali pronti a entrare in coalizione per impedire al populista euroscettico Geert Wilders di governare. Insomma, comunque vada, in Olanda non ci sarà un nuovo Donald Trump.
Rutte avverte: "C'è il rischio reale che vinca Wilders"
"C'è un reale rischio che, quando il 16 marzo ci sveglieremo in questo Paese, Geert Wilders starà guidando il maggior partito". Così il primo ministro olandese, Mark Rutte, ha fatto appello ai suoi concittadini perché fermino "il populismo sbagliato", quando andranno a votare nelle elezioni di mercoledì. Ma anche Rutte si dimentica di ricordare ai suoi concittadini, e agli osservatori stranieri, tre errori che si tendono a commettere quando si parla di queste elezioni in Olanda. Ecco quali sono.
Il primo errore: le elezioni olandesi non sono un voto sull'Ue
Partiamo dal primo errore: mercoledì l'Olanda non vota per uscire dall'Ue, come sembra secondo alcune analisi. Anzi, dopo la Brexit il sostegno dell'opinione pubblica alla possibile uscita dall'Ue è diminuito, tanto che l'unico partito rimasto favorevole è quello di Wilders. Ma il dibattito sè fortemente placato a riguardo e anche Wilders ha rivisto le sue posizioni oltranziste a riguardo, lasciando nettamente in secondo piano la sua ostilità anti Bruxelles in campagna elettorale e puntando tutto su migrazione e cultura.
Secondo errore: le elezioni olandesi non sono un referendum su Wilders
Un altro aspetto che si tende a dimenticare è la grande varietà dei partiti presenti alle elezioni olandesi e soprattutto la peculiarità del sistema elettorale olandese che non lascia in mano al vincitore il potere di fare il bello e il cattivo tempo. E' dunque scorretto presentare il voto come una specie di in o out su Wilders. Tra l'altro, la sua campagna elettorale è stata davvero sottotono, anche in seguito al caso delle minacce derivanti dalle informazioni diffuse da una delle sue guardie del corpo. Una vicenda mai del tutto chiarita. In ogni caso, pare che il gradimento nei suoi confronti sia leggermente calato negli ultimi mesi.
Terzo errore: il trionfo del populismo
C'è un ulteriore aspetto che non emerge solitamente dalle analisi sulle elezioni olandesi. Comunque vada, non ci sarà un Donald Trump in versione orange. Se i sondaggi dicono la verità, ben 5 partiti dovranno unirsi per raggiungere il 76% dei seggi necessari per una maggioranza nella camera bassa del parlamento olandese. Un'enormità. Il partito di Wilders, a meno che non dovesse ottenere una percentuale schiacciante alle urne, sarà difficilmente uno di questi cinque partiti. Tutti gli altri partiti hanno infatti sostenuto che non vogliono alleanze con Wilders. Quindi è sbagliato dipingere le elezioni olandesi come un possibile trionfo del populismo. Insomma, comunque vada la situazione ha molte più sfumature di grigio di come si pensa fuori dall'Olanda...