Carne d'orso servita per pranzo e cena: bufera su un ristorante sloveno

Nella trattoria Masun il mammifero finisce nel menù tra i piatti forti insieme all'entrecote di cervo e la scaloppina di capriolo

di Redazione
Trattoria slovena Masun
Cronache

Carne d'orso servita al ristorante, la specialità fa gola a italiani, svizzeri e tedeschi. Il caso 

Niente di straordinario, tutto vero. La carne d'orso è una delle prelibatezze culinarie di una trattoria in Slovenia, precisamente nei boschi di Masun, una regione montagnosa e selvaggia. Anche se la convenzione di Berna e le direttive comunitarie inseriscono l'orso tra le specie da tutelare, nella Trattoria Masun il mammifero finisce in menù, con l'entrecote di cervo e la scaloppina di capriolo, per la felicità dei tanti turisti che attraversano il tratto alpino pur di concedersi un pasto pantagruelico. Lo confermano i social, dove il locale ha dato visibilità sia alla location che ai suoi 'piatti forti'. Ma anche i commenti entusiastici (molti dei quali lasciati proprio da clienti italiani) postati dai clienti, dopo aver assaggiato questa carne altrove proibita, sui siti web di recensioni.


Ai microfoni della televisione svizzera Rsi, i proprietari della trattoria hanno sottolineato che gli sloveni non sono particolarmente ghiotti d'orso, piatto 'gourmet' che sembra essere apprezzato soprattutto da tedeschi, svizzeri e italiani. I clienti peraltro affrontano un viaggio non certo semplice per raggiungere Masun, nella Slovenia meridionale, una località circondata da decine di chilometri di foreste abitate da una popolazione sicuramente sovradimensionata di questa specie. 
L'eco delle polemiche nate dopo la morte dell'Orsa Amarena, l'animale simbolo del Parco Nazionale d'Abruzzo, non si sono mai veramente sopite in Italia ed è quindi comprensibile che l'orso a tavola generi perplessità ma anche disgusto.

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In Slovenia, tuttavia, il grande plantigrado è presente in abbondanza (oltre mille esemplari) e in un territorio piuttosto circoscritto per cui è il governo stesso, ai sensi delle direttive per la salvaguardia delle biodiversità e degli habitat naturali, a stabilire a cadenza annuale quanti esemplari dovranno essere abbattuti per contenere la diffusione della specie ed evitare le ripercussioni negative sugli habitat che questo comporterebbe. E non tutti i capi legalmente uccisi - assicurano i ristoratori - finiscono in pentola. 

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