Come fermare guerra e fake news? Aggirando i media mainstream. Ecco CallRussia

Volontari chiamano al telefono i russi per aggirare il mainstream di Putin. Immaginate se accadesse in Italia e Europa per raccontare la realtà

di Antonio Amorosi
Cronache
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Crisi delle democrazie, dello “spazio pubblico” e della “capacità critica dell’opinione pubblica”. “CallRussia”, progetto per spiegare ai russi la verità sulla guerra potrebbe essere usato per..

Come combattere le fake news? Aggirando i media mainstream, qualunque sia il mainstream. In questo caso il mainstream è quello russo del Cremlino, la propaganda di Vladimir Putin.

Dall’inizio della guerra in Ucraina, Putin ha bloccato l'accesso ai social occidentali, che in alcuni casi hanno anche reso legittimo incitare alla sua morte, ma ha anche dato una stretta alle testate giornalistiche indipendenti russe e a vari media stranieri, costretti a interrompere le attività dopo che la Duma (il parlamento russo) ha approvato una norma che impone una pena detentiva fino a 15 anni per chiunque sia scoperto a diffondere intenzionalmente notizie ritenute false. Ma cosa è falso? Cosa è vero?

E’ nato così il progetto #CallRussia

Un gruppo di volontari lituani, britannici e olandesi si è inventato un modo per ripristinare un simulacro di vita pubblica che non esiste più nel nostro tempo, in Russia ma di fatto anche in Occidente, così come è assorbita dalle dinamiche fittizie di media e social.

I russi apprendono quanto accade nella guerra in Ucraina solo dalla stampa nazionale e dal governo. E poi le persone, soprattutto di una fascia di età più avanzata, leggono il russo non le lingue occidentali.

Ma i numeri telefonici russi sono pubblici e visibili. Il governo non può bloccare o oscurare una condizione consolidata. Così il progetto #CallRussia invita chiunque conosca la lingua a chiamare i cittadini russi, raccontando loro cosa stia accadendo in Ucraina, o più correttamente verrebbe da dire “la propria versione dei fatti”, cercando così di fermare la guerra.

Al motto di “una telefonata non può porre fine alla guerra. Ma milioni di telefonate possono”, sono state effettuate ad oggi circa 145.000 chiamate da 135 Paesi diversi.

Si parte dal dato, spiegano i volontari di #CallRussia che “i media indipendenti sono chiusi, i giornalisti tacciono. Non c'è nessun altro che possa dire la verità ai russi, mostrare foto di ospedali distrutti, bambini assassinati e case bombardate”. E scrivono: “Vladimir Putin può ordinare che intere città vengano rase al suolo, ma continueremo a parlare con russi rispettabili perché il primo giorno in cui si opporranno a Putin sarà l'ultimo giorno di guerra”.

Dalla ricostruzione dei volontari si comprende che l’effetto delle telefonate non è sempre quello sperato, anzi si creano spesso situazioni paradossali. Ci sono volontari telefonisti che raccontano come quasi tutti i russi chiamati si rifiutino di parlare a lungo.

Ma quando la telefonata trova dall’altro capo dell’apparecchio un interlocutore interessato lo scambio si evolve più o meno in questo modo. All'inizio il russo si arrabbia, rifiuta la ricostruzione del telefonista, poi sostiene che i media occidentali offrano una versione parziale della vicenda, occultando le responsabilità degli USA e della NATO, come è già accaduto in Iraq, Siria, Afghanistan o altrove. Quando però inizia la discussione arrivano i primi dubbi. Alla fine il russo si deprime e si sente in pericolo. Il risultato finale è che anche pensandola diversamente il russo concorda con il telefonista occidentale che bisogna fermare la guerra in Ucraina.

Una frase attribuita a Eschilo dice che “la prima vittima della guerra è la verità”. E’ facile comprenderlo. Quanto può essere fragile la verità se ognuno dei contendenti in campo (in questa guerra Russia, Ucraina e di fatto gli USA) vuole ad ogni costo far prevalere la propria versione dei fatti!?

La storia del mondo d’altronde è piena di panzane per giustificare interventi militari terrificanti. Vedi fra gli ultimi la guerra in Iraq, per armi di distruzione di massa che non esistevano. Sono morte migliaia persone anche inermi, si è cambiato un regime, di fatto si è creato l’ISIS e nessuno ha mai pagato.

Ma oramai la propaganda è una dinamica del mondo moderno, che va ben oltre le guerre, nel momento in cui quasi ogni ambito del sapere umano viene prodotto solo per essere venduto. Lo abbiamo potuto apprezzare, forse meglio che in passato, durante la gestione della pandemia da Covid in questi ultimi due anni. Il tutto esaltato dai media mainstream che ne amplificano le capacità.

Di fatto viviamo in una società in cui la verità e la realtà hanno sempre meno valore, sostituiti da propaganda e disinformazione che svolgono un ruolo di maggiore utilità, per vendere merci e soluzioni. Di pari passo anche i leader e i decisori politici vengono eletti per le loro capacità di suscitare emozioni, non per abilità, concretezza, meriti, idee.

Sono venute a mancare quelle categorie che il filosofo tedesco Jurgen Habermas considerava il termometro delle nostre democrazia occidentali: “lo spazio pubblico”, “la capacità critica dell’opinione pubblica”.

Ma iniziative come #CallRussia vanno in controtendenza, cercando di ripristinare un dibattito più complesso su un accadimento, in questo caso la guerra in Ucraina comunque la si pensi.

Viene in mente ma se, come i volontari hanno chiamato in Russia, si organizzasse la stessa cosa in Italia e in Europa, per raccontare l’altra faccia delle gestioni del Covid dei governi, la propaganda occidentale per narrare la guerra in Ucraina, la speculazione sull’energia e il potere di finanza e banche che stanno, giorno dopo giorno, distruggendo le nostre economie, quale sarebbero le reazioni dei popoli europei e degli italiani!?

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