Concita toglie il velo del politicamente corretto, ma fa "autolesionismo"

La vicenda della De Gregorio, che ha "bacchettato" degli influencer che hanno distrutto una statua per farsi un selfie, è piena di contraddizioni. L'analisi

di Maurizio De Caro
Cronache

Concita De Gregorio toglie il velo del politicamente corretto, ma fa "autolesionismo"

Esistono nel panorama mitologico del Belpaese figure epiche, quasi immortali, che hanno fatto della loro incapacità di essere imparziali un merito che ha loro permesso di essere invidiate, temute e spesso invulnerabili. Potete leggere alla pagina “esse” di Saviano, oppure “ti” di Telese, ma la lista sarebbe, se non fosse noiosa, lunga e francamente di scarso interesse.

Almeno per noi che crediamo in altre forme libere di giornalismo e di saggistica, ma anche di letteratura o approfondimento, maestra in questo versante annoiato, scolastico e alla Scola, la Concita, ha avuto il merito di manifestarsi in tutta la sua ira, manifestando il vero carattere, che tanta invidia ha suscitato nel tempo, nei suoi numerosi detrattori. Il fatto è notorio ma ci permette di analizzare le metodologie più ampie che ormai ammorbano i cervelli all’ammasso di questi intellettualini prezzolati e boriosi. La dottoressa grandi (e piccole) firme se la prende giustamente con un gruppo di Influencer-Unni (si può dire Unno?) che hanno devastato un’opera d’arte in una villa italiana solo per farsi dei selfie.

E fin qui tutto il nostro appoggio al biasimo inevitabile, ma la reazione imprevista e imprevedibile è totalmente di pancia e trasfigura tutta una serie di luoghi comuni su questa nuova Suburra di alto bordo, con un uso politicamente scorretto di riferimenti ai decerebrati, ai cerebrolesi e compagnia cantando. Come nella migliore tradizione dell’antica destra brutta sporca e cattiva. Non soddisfatta dello scempio delle sue affermazioni ha rincarato la dose con una forma imprevedibile di autolesionismo, affermando addirittura di avere molti amici di quel “tipo”, simpatici e intelligenti, citazione alla Banfi. La figlia di Beppe Viola le ha scritto una lettera in cui dice che uno dei suoi figli che ha quei problemi, sbava e qualche volta si caga addosso. Oddio che schifo.

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Cosa ci dimostra questo incidente freudiano della paladina del linguaggio purista? Che sotto la cenere arde una volontà di lasciarsi andare, da una parte e dall’altra e dire ad esempio cosa pensiamo veramente della Murgia, come scrittrice ovviamente, e dei salottini bene della prossima stagione. Ora che Fazio e Co. sono approdati ad altri lucrosi lidi, la sinistra-Marchese del Grillo sbanda, perché ha voglia di dire oltre alla parola “fascista” ben altro a tutti gli orribili avversari di casta, di ceto e “de curtura”.

L’imposizione di questa oscena “auto-censura” ha colpito e abbattuto un’artefice delle gabbie concettuali che hanno ammorbato l’aria e lo spirito della vera libertà d’opinione e d’espressione, la volgarità “alta o bassa” è componente vivissima dell’uomo, si può solo immaginare di frustarla imponendo correzioni continue alla nostra voglia inespressa di analizzare anche la cattiveria in cui si crogiolano le classi dominanti ma anche quelle emergenti, tra retoriche assortite, e voglie inespresse.

La De Gregorio ci ricorda che siamo “un paese balneare” che mai smetterà di fischiare alle ragazze(o ai ragazzi) o fare battute pesanti, trasversalmente, se non si capirà che non c’è nulla nel pensiero diffuso che non possa essere oggetto di critiche ,di sberleffo, di satira e anche di osceni siparietti, se il linguaggio giornalistico nasconde tutto questo, vuol dire che è incapace di leggere davvero dove si sposta una società sempre più violenta e sempre più volgare. La narrazione che gli eleganti digitali e talkisti vogliono fare del mondo non cambierà lo stato delle cose, e soprattutto i nomi che sono sempre quelli che il popolo usa, ha usato e userà nei prossimi millenni, creando quella giusta discrasia tra chi racconta e chi vive davvero la realtà, tra chi ha giurato di fare la guerra al politicamente corretto (per cultura o per necessità) e chi vede nel suo uso obbligato la forza della propria sopravvivenza culturale, sociale e politica.

In questo particolare caso la De Gregorio, con la sua esternazione poco pariolina, ha regalato un assist a tutti quelli che da oggi posso mettersi in fila senza paura e senza censure, per dire tutto quello che vogliono, come per Pasolini e Salò, ci penserà la magistratura a farli tacere. Forse. Viva Concita e viva la coprolalia!

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