Il Grande Fratello di Biden e Facebook: come USA e mondo sono stati censurati

Lo scandalo “The Facebook Files”. Il comitato giudiziario della Camera degli USA ha portato alla luce i documenti che mostrano la censura silenziosa del governo

di Antonio Amorosi
Cronache

L'amministratore di Biden ha chiesto a Facebook di "cambiare l'algoritmo" del social per censurare ogni critica ai governi durante la pandemia

Le notizie che ci sono arrivate su Facebook non erano selezionate sulla base delle nostre preferenze ma sulle richieste fatte dalla Casa Bianca a Facebook. E’ quanto accaduto durante la pandemia e che ha indirizzato la sua gestione a livello mondiale. Queste le strategie volute dagli esperti digitali del presidente Joe Biden. Emerge dai nuovi documenti scoperti dal Comitato giudiziario della Camera dei deputati degli Stati Uniti, presieduto dal Repubblicano dell'Ohio Jim Jordan. Il nuovo scandalo sta scuotendo gli Stati Uniti, facendo apparire sotto una luce completamente diversa i recenti anni appena trascorsi. 

La Casa Bianca di Biden ha esercitato dure pressioni su Facebook per censurare i contenuti che sollevavano domande sulla gestione del governo degli Stati Uniti o criticavano l’utilizzo del vaccino COVID-19, con un meccanismo violento di cancellazione e censura di post, gruppi, articoli, campagne, scienziati, esperti che andassero in una direzione diversa da quella voluta dal governo USA.

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Lo scandalo prende il nome di "The Facebook Files" e nelle ultime rivelazioni il presidente del Comitato giudiziario ha mostrato la strategia del direttore digitale della Casa Bianca di Biden, Rob Flaherty, mentre suggerisce a Facebook di cambiare il suo algoritmo per promuovere i media dell'establishment contro gli altri.

Il Comitato giudiziario ha pubblicato numerosi documenti che dimostrano l’attività di Rob Flaherty. L’esperto avrebbe indotto il social network a modificare l'algoritmo di gestione al fine di far vedere ai lettori con maggiore facilità fonti giornalisti vicine ai Democratici quali il New York Times o il Wall Street Journal e non quelle che esprimevano dubbi o critiche. In questo modo è stato facile gestire l’impatto dell’informazione sulle opinioni delle persone, limitando la libertà senza che neanche gli utenti se ne rendessero conto, inducendole quindi a convincersi che le valutazioni del governo fossero giuste.

Ci sono luoghi rurali in cui non si ha il tempo di mettere in discussione le notizie: se è scritto su Facebook, oltretutto da un giornale, si presume che quella notizia sia vera. Stessa censura è stata calata anche sullo scandalo che ha colpito il figlio del presidente degli Stati Uniti, Hunter Biden, e che riguardava i suoi legami e quelli del padre con potentati in Ucraina.

Non è la prima volta che il nome di Flaherty emerge. Altre e-mail tra l'uomo ai vertici del sistema nella strategia digitale di Biden e i funzionari di Facebook sono state utilizzate in alcuni procedimenti giudiziari USA, come nel caso denominato “Missouri contro Biden”, che ha evidenziato come Flaherty oltre a far pressioni su Facebook abbia indotto piattaforme di messaggistica privata crittografata quali WhatsApp, sempre di proprietà di Facebook, a spiare e censurare gli utenti.

Una mannaia a testa bassa, che come hanno dimostrato i documenti del comitato giudiziario della Camera dei deputati degli Stati Uniti ha cambiato il corso della storia. Qualsiasi dubbio e discorso critico doveva essere censurato condizionando così quei giornali e quell’opinione pubblica che volendo acquisire visibilità e consenso ripetevano gli stessi messaggi. Una sorta di Grande Fratello mondiale. 

Vari quotidiani americani hanno chiesto alla Casa Bianca, a Facebook e Meta un commento ma senza ottenere risposte. Lo stesso comportamento dei social network si è ripetuto su ampia scala riproducendo in tutto il mondo occidentale un meccanismo di controllo e censura difficilmente visto in precedenza.

 

 

 

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