Liliana, il dna scagiona marito e amante. Prende corpo l'ipotesi suicidio
Non è né del marito né dell'amico il dna trovato sul cordino che stringeva al collo i due sacchetti di nylon: resta il mistero sulla morte della donna
Donna morta a Trieste, il dna sullo spago non è né del marito e né dell'amante
Non sono del marito, Sebastiano, non sono dell'amico, Sterpin, e nemmeno del vicino di casa. Secondo il Corriere della Sera le tracce di Dna riscontrate sul cordino che stringeva al collo i due sacchetti di nylon nei quali era infilata la testa di Liliana Resinovich, non appartiene a nessuno delle tre persone in qualche modo più vicine alla vittima. Pochi giorni fa si era diffusa la notizia che dalle analisi scientifiche effettuate sul cordino, risultava la presenza di tracce biologiche maschili.
Ma allora di chi sono le sfumate tracce di Dna maschile trovate sul cordino annodato intorno alla gola di Liliana Serinovich, a fermare i due sacchetti di plastica che aveva sulla testa quando e' stato trovato il corpo nel boschetto dell'ex ospedale psichiatrico di Trieste? Neanche questo elemento porta alla soluzione del giallo o fa pendere la bilancia su un lato. Gli inquirenti, che hanno da sempre avvalorato la tesi del suicidio, sostengono che queste tracce di Dna sono tanto sfumate da potersi trattare di una semplice contaminazione. E il caso della donna di 63 anni, scomparsa da casa il 14 dicembre e il cui corpo è stato trovato il 5 gennaio successivo in due sacchi neri nel boschetto non trova soluzione.
"Il marito, che si è sempre dichiarato innocente nonostante i sospetti su di lui, non ha mai creduto alla tesi del suicidio", scrive invece il Giornale. Ma ora dice di perdonare chi ha sospettato di lui. Intanto il mistero resta ancora senza soluzione.