Magistrati: test psichici e valutazione degli avvocati, giustizia da ridere

Una legge del 2022 consente agli avvocati di valutare la carriera e lo stipendio dei magistrati

di Abelardo Golia
Cronache

Giustizia, valutare chi valuta?

In questi giorni carichi di preoccupazioni e di timori diffusi, vien voglia di rifugiarsi in pensieri più ameni. Inseguire pensieri irrazionali, porsi qualche domanda assurda, come da bambini, per sorridere un po’.

Per esempio, si può immaginare a come reagirebbero gli abitanti di Topolinia se la carriera di investigatore di Topolino fosse affidata agli Avvocati di Gambadilegno e dei Bassotti.

Oppure ideare una Gotham City in cui le azioni di Batman fossero valutate dagli Avvocati di Joker e Pinguino.

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Magari, ipotizzare che la carriera e lo stipendio di arbitri e guardalinee dipendano dall’opinione degli Avvocati dei calciatori.

Eppure, non c’è niente da ridere.

In Italia, grazie all’art. 3, lett. a, della legge 17 giugno 2022, n. 71, gli Avvocati potranno valutare la carriera e lo stipendio dei magistrati. Proprio così.

Nessuno dice quale sarà il sistema di selezione degli Avvocati nei consigli giudiziari, che, quindi, saranno nominati sulla base di criteri imperscrutabili e assolutamente disomogenei (forse li sottoporranno ai test psico-attitudinali?).

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Non è neppure previsto alcun dovere di sospensione generale dell’attività da parte degli Avvocati dei consigli giudiziari (come avviene per i membri laici del Csm), che continueranno a esercitare la professione nel distretto, incontrando ogni giorno gli stessi magistrati che dovranno valutare e continuando a difendere i propri clienti che saranno, a loro volta, giudicati da quegli stessi magistrati.

Nessun dovere di astensione dell’Avvocato difensore in un processo trattato dal magistrato in valutazione né alcuna dichiarazione di potenziale conflitto sicchè gli altri componenti del consiglio nulla mai sapranno.

Sembra ragionevole il dubbio che una tale normativa possa rappresentare un potenziale strumento di pressione sulla decisione e sulla gestione dei singoli procedimenti da parte del magistrato valutando. O no?

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E se un magistrato, essendo prossima la sua valutazione, propendesse -sentendosi, per mera ipotesi, condizionato- per l’assoluzione del cliente dell’Avvocato che lo valuterà?

Beh, il P.M. potrebbe sempre proporre appello. Senonché, i garantisti estremi hanno già, più volte, ribadito che occorre «sopprimere l’appello avverso le sentenze di proscioglimento» da parte del P.M. perché ciò «può aiutare a salvare la giustizia» (sic!). La “legge Pecorella” n. 47/2006 aveva già introdotto il divieto per il pubblico ministero di impugnare le sentenze di assoluzione. La Corte Costituzionale la ritenne illegittima ma sono già pronti disegni di legge per riprovarci.

Ricapitolando, in prospettiva: l’Avvocato di Tizio valuterà il Giudice di Tizio; il Giudice di Tizio -sentendosi, per ipotesi, condizionato- assolve Tizio (a prescindere dalle prove); il P.M. non può appellare la sentenza di assoluzione. Et voilà, Giustizia è fatta!

Altro che ridere.

Forse, se le carriere di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone fossero dipese dagli Avvocati dei loro imputati, essi sarebbero ancora vivi, probabilmente assegnati alla sezione “Contravvenzioni Stradali”.

 

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