Cronache
Il Codice penale e la deriva delle abolizioni
La deriva delle abolizioni
Dopo la strage di Altavilla Milicia, che ha coinvolto un’intera famiglia avviluppata nelle spire del fanatismo religioso, si torna a parlare di “psico-sette” e di “manipolazione psicologica” ad opera di santoni o “unti dal Signore” (ma quale?) a cui le vittime sono totalmente assoggettate e che, ovviamente, restano impuniti.
In effetti, l’abrogazione dell’art 603 c.p. (che prevedeva il delitto di plagio), operata dalla Corte Costituzionale con la sentenza 8 giugno 1981, nr. 96, ha lasciato un vuoto di tutela facilmente percepibile: sì, ma la Legge è la Legge, e si può abolire tutto con un tratto di penna.
Facciamo qualche esempio.
Partiamo bene con la famigerata legge Merlin che, nel 1958, ha abolito la prostituzione, sino ad allora autorizzata e controllata dallo Stato. Come noto, da allora, tutte le povere donne costrette a vestirsi discintamente e a stazionare sui viali non sono prostitute ma persone in attesa del tram.
Passiamo, poi, al politicamente corretto.
Venerdì 22 dicembre 2023 a Bari, ha esordito lo spettacolo teatrale “Brutta. Una storia di un corpo come tanti” di Giulia Blasi, con Cristiana Vaccaro. Nel monologo si sente «Brutta, racchia, cessa, chiavica, ciospa, cozza, cinghiale, scorfano, cofano, paracarro, strega, mostro, nutria. La donna brutta ha più nomi di Dio».
Molto prima, nei suoi programmi, Milton Berle (comico, attore e conduttore televisivo statunitense) arrivava a dire: «Era così brutta che le sue polaroid non volevano uscire dalla macchina», «Era così strabica che, quando apriva un occhio, tutto quello che riusciva a vedere era l’altro occhio», «Hanno detto che lei era brutta come il peccato. E il peccato li ha querelati».
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Ancor prima, Winston Churchill, fine umorista oltre che grande statista, a Bessy Braddock, membro del Parlamento, che lo aveva apostrofato dicendogli «Winston, sei ubriaco!» replicò «E’ vero, Bessy, ma tu sei brutta. E domattina io sarò sobrio, ma tu sarai sempre brutta».
Ovviamente ogni aggettivo è coniugabile al maschile (tranne che per Bessy Braddock).
Arte? Satira? Comunque forme di body shaming estremo e, quindi, esecrabili e da cancellare dalla storia dell’Umanità.
In attesa che il body shaming si trasformi in autonoma fattispecie di reato e che, quindi, aboliti per legge, “racchie” e “racchi” diventino, sempre per legge, “un tipo”, ad usare quei termini si rischierà -oltre che la riprovazione sociale- un processo per diffamazione (così dice la Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n° 2251 del 14/12/2022, depositata il 19/01/2023).
Del resto, il nostro saggio Legislatore ha già abolito, per legge, la povertà; ancora risuona, dal balcone, la voce del giovane disoccupato che gli elettori avevano trasformato in ministro del lavoro e vicepresidente del Consiglio «Oggi aboliamo la povertà». Anche se, subito dopo, la povertà è aumentata (meno di due anni dopo la ricchezza italiana è diminuita del 12,8%).
E come dimenticare che con la legge 180 del 1978, nota come legge Basaglia, abbiamo abolito la pazzia? In realtà, oggi, nella maggior parte delle regioni italiane sono presenti ambulatori psichiatrici aperti poche ore solo alcuni giorni alla settimana, oppure Centri di salute mentale non oltre le 12 ore per 5/6 giorni alla settimana. A onor del vero, questa legge non prevedeva l’abbandono della persona con problemi di salute mentale bensì l’accompagnamento, la presa in carico da parte dello Stato. Senonché, istituito, disposto e concluso il Trattamento sanitario obbligatorio (Tso), le persone con problemi psichiatrici -in mancanza di idonee e sufficienti strutture sanitarie pubbliche- vengono restituite alla famiglia, a prescindere da ogni considerazione in ordine alla capacità e possibilità dei familiari di accompagnare adeguatamente il malato.
Ancor peggio è andata agli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG); in Italia, erano una categoria di istituti annoverabili tra le case di reclusione che a metà degli anni ‘70 sostituirono i vecchi manicomi criminali. Sono stati aboliti per legge nel 2013, ma chiusi definitivamente il 31 marzo 2015, sostituiti dalle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS).
Fino a un paio di anni fa, in Italia, erano attive circa 30 REMS con 600 posti letto. In Lombardia c’è quella di Castiglione delle Stiviere per un totale di 160 posti. A tale proposito, la Presidente della Commissione Speciale Carceri di Regione Lombardia Antonella Forattini, dopo l’ennesimo suicidio avvenuto in carcere, quello di un ventunenne in attesa di essere inserito in una Rems, ha sostenuto che “Non è accettabile che in Lombardia esista ancora una sola Rems, quella di Castiglione delle Stiviere, che oltretutto è in grave sofferenza sia per spazi che per personale e gravemente sovraffollata. La residenza di Limbiate è ancora al palo e i lavori di ampliamento di Castiglione sono ripartiti da poco dopo una lunga attesa causata dell’impugnazione del bando di gara emesso da Aria. Le liste d’attesa contano centinaia di persone in attesa di essere inserite in Rems”.
La Corte Costituzionale, per arrivare alla sentenza n. 22 del 27 gennaio 2022, in argomento REMS, aveva emanato l’ordinanza 131/2021, con cui disponeva una apposita istruttoria, ai sensi dell'art. 12 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, finalizzata ad acquisire specifiche informazioni ritenute indispensabili ai fini della decisione. In sintesi, secondo il comunicato stampa finale, l’applicazione concreta delle norme vigenti in materia di residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) nei confronti degli autori di reato affetti da patologie psichiche presenta numerosi profili di frizione con i principi costituzionali, che il legislatore deve eliminare al più presto.
Dall’istruttoria disposta dalla Corte è emerso, in particolare, che mediamente sono tra 670 e 750 (oggi più di 1.000) le persone in lista d’attesa per l’assegnazione ad una REMS; che i tempi medi di attesa sono di circa dieci mesi, ma anche molto più lunghi in alcune Regioni; e che molte di queste persone – ritenute socialmente pericolose dal giudice – hanno commesso gravi reati, anche violenti.
Ad esempio, Stefan Meran Alejandro Augusto, il cittadino dominicano che il 4 ottobre 2019, portato in Questura a Trieste uccise gli agenti di Polizia Matteo Demenego e Pierluigi Rotta. L’assassino è stato assolto per vizio totale di mente il 6 maggio del 2022 e per lui era stato disposto il ricovero in una Rems per un minimo di 30 anni. Vista la carenza di strutture adatte, sia in regione che in Italia, è stato trattenuto in carcere per circa un anno.
Senonché, la Corte europea dei diritti dell’uomo, con sentenza del 24 gennaio 2022 (Ricorso n. 11791/20), in un caso analogo, ha condannato lo Stato italiano per la violazione degli articoli 3, 5 e 6 della Convenzione perpetrata ai danni di un cittadino sottoposto a misure detentive applicate in regime carcerario ordinario, nonostante le decisioni dei giudici che ne avevano accertato la responsabilità penale ne avessero disposto il ricovero in una REMS. Inoltre, la CEDU ha definito la privazione della libertà del ricorrente come “illegale”, condannando lo Stato italiano a versare a costui la somma di 36.400 euro per danno morale e di euro 10.000 per le spese. E ipoteticamente, quindi, ne avrebbe diritto anche Stefan Meran Alejandro Augusto.
Ora egli si trova in una camera con bagno della struttura privata di Santa Maria Calice al Cornoviglio, in provincia di La Spezia, gestita senza la presenza di Polizia Penitenziaria ma dotata di discreta videosorveglianza. È l’unica in Italia preposta ad ospitare pazienti anche da fuori regione e può contenere un massimo di 21 persone a permanenza transitoria ed eccezionale.
A ben vedere, non si può del tutto escludere che, fra qualche anno, se la pericolosità sociale di Stefan Meran Alejandro Augusto dovesse ridursi, potrebbero anche aprirsi per lui le porte della libertà vigilata.
A quel punto, andrà valutata seriamente l’opportunità di abolire per legge la rabbia e il dolore delle famiglie delle vittime.