"A rischio le mense che danno da mangiare a 5 milioni di italiani"
A rilento le trattative con il Governo per il rinnovo del contratto collettivo di riferimento. Nelle strutture ogni anno forniti 760 milioni di pasti
"Mense per bambini e anziani a rischio chiusura"
“Dopo mesi di confronto con le istituzioni, purtroppo siamo costretti a riconoscere che siamo giunti a un nulla di fatto”. Con queste parole, Carlo Scarsciotti, Presidente di Angem, l’Associazione Nazionale della Ristorazione Collettiva, ha espresso la propria delusione per il fallimento del processo di dialogo che era in corso con il Governo. “Il nostro è un settore che, a causa di questa situazione, muore giorno dopo giorno. Si tratta di una condizione che non ci permette di programmare il nostro futuro e per la quale oggi siamo costretti a interrompere i dialoghi per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di riferimento”, ha chiosato Scarsciotti, aggiungendo inoltre che le associazioni sono pronte a scendere in piazza per fare sentire la propria voce.
Già a fine 2022, Angem e FIPE – Confcommercio avevano lanciato un appello per un intervento da parte dell’esecutivo a tutela delle imprese del comparto per spingerlo a procedere su diversi fronti: determinare con chiarezza la clausola di revisione dei prezzi, prevedere l’adeguamento contrattuale per i vecchi e i nuovi contratti in maniera automatica e privilegiare le gare a costo fisso. D’altronde, si tratta di un settore che offre un servizio fondamentale per scuole, ospedali, Rsa e centri di assistenza. Sono circa 760 milioni, infatti, i pasti forniti all’interno di queste strutture.
A questo va aggiunto che anche dal punto di vista economico e organizzativo la situazione è peggiorata. È necessario considerare che il costo di preparazione di un pasto è aumentato del 55% mentre il prezzo di vendita è rimasto invariato. Una situazione di crisi che però non ha fermato le attività del comparto, che invece ha continuato a prestare un servizio essenziale per non arrecare nessun genere di danno a chi ne usufruisce. Nonostante ciò, la questione non sembra essere un tema di particolare interesse politico. Almeno per il momento. Eppure, si parla di un’area di riferimento che dà lavoro a più di 1.500 aziende per un totale di 92mila addetti ai lavori (di cui l’80% donne) e con un giro di affari di 6,4 miliardi l’anno. Sono dati che dovrebbero suscitare l’interesse delle istituzioni. Si parla di imprese che “sono determinanti per l’educazione alimentare, la saluta pubblica e anche per una forma di equità distributiva”, come ha dichiarato anche il Presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, agli Stati Generali Ristorazione Collettiva di Angem tenutisi a dicembre 2022.
Se gli appelli rimarranno inascoltati, avvertono Angem e FIPE, c’è il rischio concreto che più di 5 milioni di italiani, tra cui bambini e anziani, rimangano senza qualcosa di caldo da mangiare. Proprio per queste ragioni le parti sociali hanno deciso di mobilitarsi a livello nazionale per manifestare il proprio dissenso di fronte alle principali sedi istituzionali per la scarsa considerazione ricevuta. Il timore, alla fine dei conti, è che venga sottovalutata una vicenda che invece colpisce un settore determinante sia nel campo dell’alimentazione ma anche in quello ecologico ed economico.