Gianni Infantino, il bullo a capo della Fifa paladino della cancel culture
Nel suo ultimo discorso la perla della cancel culture: "Prima di dare lezioni morali, gli europei chiedano scusa per 3mila anni"
Lo strano discorso di Gianni Infantino
Gianni Infantino già dal cognome si capisce che deve essere una persona strana. Nato in Svizzera da genitori italiani possiede la doppia nazionalità. Da giocatore di calcio in Svizzera fu una grande schiappa ma poi si laureò in Legge e divenne nel 2016 il nono Presidente della Fifa, cioè il massimo livello calcistico mondiale. Da allora di stranezze ne ha fatte tante, ma la più grande si riscontra nel discorso elargito l’altro ieri per l’inaugurazione dei mondiali di calcio a Doha, capitale del Qatar.
Come noto, il Paese organizzatore di questi mondiali 2022 è stato molto criticato da tutta la comunità internazionale per le continue violazioni dei diritti umani e per la strage di operai avvenuta proprio per la costruzione degli stadi. E quindi Infantino, eccitato dalla ribalta mondiale e dalla possibilità di togliere per qualche minuto i riflettori da Zelensky, si è eccitato come una quaglia maremmana e ha detto: "Oggi ho sentimenti molto forti. Oggi mi sento qatariota, mi sento arabo, mi sento africano, mi sento gay, mi sento disabile, mi sento un lavoratore migrante". Ha anche detto di fare fatica a capire le molte critiche arrivate nelle ultime settimane dai Paesi occidentali, sostenendo che la loro "lezione morale a senso unico" sia "semplice ipocrisia".
Poi ha voluto rendere omaggio alla cosiddetta cancel culture con una perla di radical – chicchismo sopraffina: "Prima di dare lezioni morali gli europei dovrebbero chiedere scusa per i prossimi 3mila anni" per quello che hanno fatto in giro per il mondo negli ultimi 3mila anni". E poi ancora: “L’Occidente dovrebbe creare canali legali in cui questi lavoratori possano andare in Europa a lavorare, come ha fatto il Qatar, e dare loro un po’ di futuro, un po’ di speranza”. E così il Lothar elvetico ci vorrebbe rifilare altri migranti, come se non bastasse quelli che abbiamo ma a lui che gli frega, sta in Svizzera.
E poi il finale da bullo da bar con invito a confrontarsi, cioè metaforicamente a “fare a botte” con lui, che è un Lothar pelato e mena come un fabbro: “Se volete criticare qualcuno, venite da me", ha detto alzandosi e spalancando le braccia con fare minaccioso: "Non criticate il Qatar, non criticate i calciatori, non criticate nessuno. Criticate la FIFA, criticate me, se volete. Perché io sono responsabile di tutto”. Lo strano discorso, assai provocatorio nei confronti di quell’Occidente che lo ha cresciuto e pasciuto, non è passato inosservato come la difesa ad oltranza del Qatar e l’invito a non criticarlo.
In un certo punto sembrava Martin Luther King quando è partito di retorica su lui immigrato in Svizzera coi capelli rossi e quindi discriminato, il che –tra parentesi-non sembrerebbe proprio con la carriera e i guadagni fatti. Ma lo sport di questi radical – chic è quello della retorica e di sputare sul “piatto occidentale” dove hanno lautamente mangiato. Tra l’altro sfugge ad Infantino che proprio i “gay” –dice che si sentiva uno di loro- in Qatar non abbiano grandi prospettive se non l’impalazione coatta o similari.
Infantino è il principale responsabile, come lui istesso ha detto, della scelta scellerata di far svolgere i mondiali in questo Stato medievale in cui i diritti umani sono ancora un miraggio e se una donna viene sorpresa a guidare un’auto viene frustata in pubblico e se si beve una birra o si mangia un panino al salame si rischia il carcere duro. Ma che “valori” difende caro signor Infantino? Non si vergogna ad appoggiare questa visione del mondo, proprio lei che a suo dire è stato discriminato per il colore dei suoi capelli? Non vede in che razza di contraddizione si dimena.
Il suo è uno sport pericoloso: quello dell’arrampicata sugli specchi saponati del deserto non è attività salutare e alla fine si cade e il sole picchia e pure l’opinione pubblica mondiale. Forse è il momento che Gianni Infantino, ex “capelli rossi” (visto che è pelato), si faccia da parte e dopo questo fallimento in Qatar si dimetta dal vertice della Fifa. Siamo certi che il buon Emiro saprà ricompensarla delle belle parole spese a sua difesa.