Petrolio, incubo barile a 200 dollari: noi vittime della truffa sulla benzina

Facendo due calcoli, prima dell'intervento del governo il prezzo di un litro avrebbe dovuto oscillare tra 1,56 e 1,68, invece era già a 2,13: cosa c'è dietro

di Marco Scotti
Economia
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Guerra Russia Ucraina, ecco perchè la denuncia del ministro Cingolani era più che giustificata

Durante la guerra tra Russia e Ucraina il prezzo del petrolio è salito. È un’ovvietà, naturalmente, ma gli effetti sui cittadini sono stati così dirompenti e immediati che il ministro Roberto Cingolani – non esattamente un ultrà o un pericoloso sobillatore di popoli – ha detto senza mezzi termini che gli italiani erano vittime di una truffa senza precedenti quando si recavano al distributore di benzina.

Da qui la voglia di provare a fare chiarezza: posto che il Brent non ha mai superato in queste drammatiche settimane il record di 132,7 dollari al barile del luglio 2008, poco prima che il fallimento di Lehman Brothers travolgesse il mondo, perché oggi paghiamo al distributore oltre 2 euro (prima del taglio di 30 centesimi al litro fino al 30 aprile) al litro?

Secondo i dati del Mise, nel terzo trimestre del 2008 il prezzo medio della benzina era di 1,47 al litro. Ovviamente, però, non si può semplicemente parametrare il 2008 al 2022 senza le necessarie avvertenze. Intanto, che l’Iva è passata dal 20 al 22%, ovvero poco meno di 3 centesimi in più rispetto a quanto non sarebbe stato nel 2008.

A questo bisogna aggiungere alcune accise: l’emergenza terremoto in Abruzzo del 2009: 0,0051 euro; il finanziamento alla cultura nel 2011: da 0,0071 a 0,0055 euro; la gestione immigrati dopo la crisi libica del 2011: 0,04 euro; l’emergenza alluvione Liguria e Toscana del novembre 2011: 0,0089 euro; il Decreto ‘Salva Italia’ del dicembre 2011: 0,082 euro (0,113 sul diesel); l’emergenza terremoti dell’Emilia del 2012: 0,024 euro; il finanziamento del ‘Bonus gestori’ e riduzione delle tasse ai terremotati dell’Abruzzo: 0,005 euro; le spese del ‘decreto Fare’ del 2014: 0,0024 euro. Le accise aggiuntive, quindi, valgono poco meno di 18 centesimi.

Infine, c’è l’inflazione. Facendo 100 i prezzi del 2007, la crescita dal 2008 a oggi dei prezzi è di circa il 24%. Quindi, se il prezzo del Brent fosse rimasto ai massimi dell’anno della grande crisi finanziaria, oggi un litro di benzina dovrebbe costare 2,08 euro, tra aumento dell’Iva, inflazione e nuove accise.

In realtà, prima dell’intervento del Governo, i prezzi medi delle pompe di benzina per la settimana dal 14 al 20 marzo (sempre fonte Mise) erano di 2,13 euro per litro. Solo che il prezzo medio del Brent nella settimana in esame è oscillato tra i 98 e i 108 dollari al barile.

Tradotto: una differenza tra il 19 e il 25%. E dunque, riprendendo in mano tutti i dati a disposizione, il prezzo di un litro avrebbe dovuto oscillare, aggiornando tutti i parametri, tra 1,56 e 1,68 euro. Sta’ a vedere che aveva ragione Cingolani… E intanto ci sono voci sempre più inquietanti: secondo Les Echos, infatti, il ban al petrolio russo potrebbe creare uno shock nell’offerta e portare i prezzi del barile di petrolio oltre quota 200 dollari. A quel punto converrebbe davvero rispolverare la vecchia bicicletta.

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