Moneyfarm: "L'inflazione sta mangiando i risparmi degli italiani"

Il presidente della società Paolo Galvani: "Ma chi disinveste sulla spinta dell'emotività rischia conseguenze peggiori"

di Marco Scotti
Paolo Galvani, co-founder e chairman di Moneyfarm
Economia
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Galvani (Moneyfarm): il potere d'acquisto si riduce rapidamente

“Questa corsa dell’inflazione non è banale, è destinata a rimanere con noi e brucerà molto potere d’acquisto dei conti correnti degli italiani”. Paolo Galvani, co-founder e chairman di Moneyfarm – realtà che si divide tra Uk e Italia per la gestione digitale dei portafogli finanziari -, prova a fare il punto con Affaritaliani su quale sia l’approccio più corretto ai mercati in un momento di grande volatilità. La tempesta perfetta, infatti, si è abbattuta con un attacco “a quattro punte”: il Covid, l’incremento monstre dei prezzi dell’energia, l’inflazione e la guerra in Ucraina. Galvani ha parlato in esclusiva con Affari a margine di Burning Innovation, l’evento organizzato e realizzato da B Heroes - hub di innovazione che ha l’obiettivo di favorire la crescita e lo sviluppo di nuove realtà imprenditoriali - ed Endeavor Italia, organizzazione no profit che supporta imprenditori ad alto potenziale in tutto il mondo.

Galvani, gli anglosassoni usano il termine “qui per restare”: è il caso dell’inflazione?

Diciamo che lasciare i soldi sul conto corrente ora non conviene davvero più. Questo boom dei prezzi fa molto male e iniziamo a vedere un disaccoppiamento tra la dinamica americana e quella europea. Negli Usa, infatti, sono stati meno colpiti da queste crisi che si stanno susseguendo. L’Ue, invece, non ha ancora capito che cosa sta succedendo e sta subendo un rallentamento dell’economia non banale, oltretutto associato a un incremento dei prezzi.

La guerra in Ucraina, già scontata dai mercati, nelle scorse settimane, vi ha costretti a rivedere la gestione dei portafogli?

No, perché il mondo in cui ci comportiamo tende sempre al medio termine, non rincorriamo il mercato. E per fortuna. Perché appena c’è stato lo scoppio della guerra abbiamo fatto qualche piccolo aggiustamento, ma nulla di epocale.

Come siete intervenuti?

Abbiamo ridoto la componente in Europa per quanto riguarda l’equity, per il resto nulla di particolarmente rilevante. Devo dire, a mia soddisfazione, che i clienti hanno abbastanza capito che nella gestione di medio termine è sempre rischiosissimo inseguire il mercato. Quando è iniziata la pandemia originata dal Covid ci sono stati dei clienti che, presi dal panico, hanno liquidato il loro portafoglio. Errore gravissimo perché nell’arco di due mesi i valori sono tornati dove erano e il 2021 è stato uno degli anni più felici per la finanza. Ma quando esci, quando vendi, poi è difficilissimo rientrare.

Il medio termine vince sempre?

Diciamo nel 99% dei casi. Poi esiste l’imponderabile…

Come vi ponete di fronte alle criptovalute?

Si tratta di un segmento molto interessante su cui vogliamo concentrarci. Ma ancora non sappiamo esattamente come. Dobbiamo trovare il ruolo più adatto per noi, non vogliamo essere semplici intermediari. Prendiamo il Regno Unit: molti di quelli che offrono i servizi di cryptocurrency o non sono inglesi, o partono dicendo una cosa come “vediamo che cosa succede”. Ovviamente, la nostra serietà ci impedisce di lanciarci in un’avventura senza alcun tipo di fondamento.

Manca la regolamentazione, tra l’altro…

Decisamente. Adesso si tratta di un mercato che non può certo essere classificato come semplice ‘moda’ e che, proprio per questo, deve essere normato.

Una asset class che non si può più trascurare è quella degli Esg, anche se a volte sembra più uno slogan…

Penso che sia fondamentale riuscire a costruire aziende che abbiano nella loro natura tematiche di questo tipo. Poi certo, non deve diventare una leva di marketing, ma non si scappa.

Si è parlato di una vostra quotazione in Borsa, con una valutazione di 400 milioni: confermate?

No, questa è una falsa notizia che ha fatto passare un brutto quarto d’ora a chi si occupa della nostra comunicazione. La verità è che abbiamo appena chiuso un bel round di finanziamento da circa 53-54 milioni di euro, che ci consente di fare quello di cui abbiamo bisogno. La quotazione al momento non è un tema in discussione. Il futuro chissà.

D’altronde, sembra quasi che oggi la quotazione in Borsa sia un’opzione meno presa in considerazione rispetto a prima: come mai?

Per due motivi: intanto perché progressivamente si sta riducendo la valutazione media delle società candidate all’Ipo. Dall’altra perché il private equity oggi è sempre più significativo.

 

 

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