Rider, l'Ue lancia le nuove regole: i criteri per l'assunzione da dipendenti
Sono più di 28 mln i fattorini che in Europa lavorano per 500 piattaforme digitali diverse. Di questi 5,5 mln non sono correttamente classificati
Bruxelles lancia il pacchetto con le nuove tutele per i fattori delle piattaforme digitali
La Commissione europea lancia il pacchetto con le nuove regole a tutela dei rider. Dopo l'approvazione da parte dell'esecutivo del progetto europeo che intende inquadrare i fattori come lavoratori dipendenti, arriva ora la presentazione del testo normativo ufficiale che punta a normare i lavoratori della piattaforme digitali. "Ottima direttiva europea per le grandi piattaforme digitali. Chi viene utilizzato come dipendente, 5-6 milioni, dovrà avere diritti adeguati. Tutti i 28 milioni potranno discutere come gli algoritmi definiscono i compiti di ciascuno. Più diritti sociali nell'Europa digitale", ha scritto su Twitter il commissario europeo all'Economia, Paolo Gentiloni.
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Bruxelles lancia quindi una serie di regole per tutelare i lavoratori delle piattaforme digitali come Glovo, Uber e Deliveroo. In particolare, sono stati individuati cinque criteri per definire se un lavoratore e' da considerarsi autonomo o dipendente: dalla determinazione del livello di remunerazione o di limiti massimi al controllo sull'esecuzione del lavoro con mezzi elettronici; dalla limitazione della libertà di scelta dell'orario di lavoro o dei periodi di assenza alla possibilità di accettare o rifiutare incarichi o di avvalersi di subappaltatori o sostituti; dalla determinazione di specifiche regole vincolanti in ordine all'aspetto alla condotta nei confronti del destinatario del servizio o all'esecuzione dell'opera; fino alla limitazione della possibilita' di creare una base di clienti o di eseguire lavori per terzi.
La direttiva prevede che tutte le autorita' nazionali, compresi gli enti di previdenza sociale, prenderanno in considerazione e tratteranno come datori di lavoro le piattaforme di lavoro digitale che soddisfano almeno due dei criteri. Queste piattaforme dovranno pertanto adempiere ai loro obblighi in qualita' di datori di lavoro ai sensi del diritto nazionale e dell'Ue nei confronti dei loro presunti lavoratori, ad esempio per quanto riguarda l'erogazione di salari minimi (ove esistenti) o il rispetto dell'orario di lavoro e i congedi annuali e per motivi familiari.
Tuttavia, sara' sempre possibile contestare la presunzione di status occupazionale e quindi annullarne gli effetti giuridici ma l'onere della prova spettera' sempre alla piattaforma. Secondo le stime della Commissione europea, oltre il 90% delle piattaforme digitali nell'Ue classifica le persone che lavorano attraverso esse come lavoratori autonomi. Dei 28 milioni di persone stimate che lavorano tramite piattaforme nell'Ue, 5,5 milioni potrebbero essere attualmente classificati erroneamente. I restanti 22,5 milioni di persone sono considerate correttamente classificate, sia come lavoratori dipendenti che come lavoratori autonomi.
"Sappiamo che molte persone che lavorano attraverso le piattaforme apprezzano la flessibilita' ma la nostra proposta non la tocca, si possono avere allo stesso tempo flessibilita' e un contratto di lavoro da dipendente che dia maggiori garanzie", ha dichiarato il commissario al Lavoro, Nicolas Schmit, presentando il pacchetto della commissione europea per la tutela dei rider.
"Le piattaforme di lavoro digitali svolgono un ruolo importante nella nostra economia in quanto apportano innovazione, creano posti di lavoro e contribuiscono a soddisfare la domanda dei consumatori. Le persone sono al centro di questo modello imprenditoriale e hanno diritto a condizioni di lavoro dignitose e alla protezione sociale", ha dichiarato il vice presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis.
"Per questo motivo proponiamo oggi nuove norme affinche' le piattaforme di lavoro digitali abbiano maggiori certezze di crescita e affinche' siano tutelati i diritti delle persone che lavorano nell'economia delle piattaforme, in modo che tutti possano trarre il massimo vantaggio da questa opportunita'", ha spiegato Dombrovskis.
Di conseguenza - sostiene la Commissione - ad alcune persone che lavorano attraverso piattaforme digitali vengono negati i diritti sociali e lavorativi che deriverebbero da uno status occupazionale. Tra questi, il diritto a un salario minimo (ove esiste), la contrattazione collettiva, l'orario di lavoro e la tutela della salute, il diritto a ferie retribuite o un migliore accesso alla protezione contro gli infortuni sul lavoro, la disoccupazione, la malattia e la pensione di anzianita'.
Allo stesso tempo, i veri lavoratori autonomi che lavorano attraverso le piattaforme otterranno maggiore chiarezza sui loro termini e condizioni e saranno in grado di comprendere meglio i meccanismi alla base dell'assegnazione e della proposta dei compiti.
Cio' dovrebbe migliorare la sicurezza e la prevedibilita' del loro reddito. La direttiva prevede un impatto (positivo) non di poco anche per il fisco degli Stati membri: le norme proposte chiariranno dove viene svolto il lavoro sulla piattaforma, da chi e quali Stati membri sono responsabili dell'applicazione delle leggi pertinenti in materia di fiscalita' e previdenza sociale. Si stima che gli Stati membri riceveranno tra 1,6 e 4 miliardi di euro all'anno di contributi annuali quando i falsi lavoratori autonomi saranno correttamente classificati come lavoratori dipendenti, a seconda di quante persone verranno riclassificate.
Come parte del pacchetto che comprende la proposta di direttiva sulle tutele ai lavoratori delle piattaforme digitali, la Commissione europea ha invitato cittadini, imprese, parti sociali, mondo accademico, enti governativi e portatori di interessi a presentare osservazioni sul progetto di orientamenti relativi all'applicazione del diritto dell'Ue in materia di concorrenza ai contratti collettivi riguardanti le tutele dei lavoratori autonomi individuali prestatori di servizi. La consultazione servira' all'esecutivo Ue per proporre entro giugno 2022 un nuovo orientamento in materia di concorrenza per consentire ad alcune categorie di lavoratori autonomi di avvalersi della contrattazione collettiva.
Rider, la risposta della Cgil: "Bene l'approvazione, era necessario un intervento"
Sulla presentazione del nuovo pacchetto di regole, la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti ha dichiarato: "Bene l'approvazione della direttiva della Commissione europea. Era necessario un intervento regolatorio per introdurre maggiori tutele e garanzie ai lavoratori delle piattaforme digitali".
"La Cgil, insieme all'Etuc-Ces, ha da sempre sostenuto - prosegue la dirigente sindacale - un intervento normativo che introducesse la cosiddetta presunzione di subordinazione trasferendo sulle imprese l'onere di dimostrare la genuinità nel ricorso all'eventuale lavoro autonomo. Qualificare le piattaforme come datori di lavoro, con tutti gli obblighi che ne derivano, e definire degli indici caratterizzati sulla tipologia della prestazione lavorativa potrà determinare il riconoscimento della caratteristica subordinata del lavoro".
In particolare, prosegue Scacchetti "il punto sulla determinazione del compenso e il controllo sulla esecuzione del lavoro sono criteri dirimenti rispetto alla qualificazione del rapporto di lavoro, così come gli altri criteri che distinguono un rapporto di lavoro subordinato da uno genuinamente autonomo. Inoltre, il vincolo della trasparenza rispetto al contenuto dell'algoritmo persegue l'obiettivo del pieno riconoscimento dei cosiddetti diritti digitali".
"Il percorso per la definitiva approvazione non è di certo di breve periodo, ma gli stati membri, quindi anche il nostro Paese, potrebbero anticiparne i contenuti attraverso l'intervento legislativo. In questo quadro - conclude Scacchetti - le aziende operanti in Italia dovrebbero definitivamente abbandonare la strada perseguita finora e operare per consolidare il lavoro con il portato di tutele e diritti previsti dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro".
Rider, l'attacco di BusinessEurope: "La proposta avrà effetti negativi"
"Ci rammarichiamo per l'approccio scelto dalla Commissione europea sul lavoro sulle piattaforme. La Commissione ha scelto di fare una dichiarazione politica piuttosto che proporre una soluzione equilibrata per le piattaforme, per i lavoratori e per i loro clienti", ha dichiarato il direttore generale di BusinessEurope, Markus Beyrer, in relazione alla proposta di direttiva sulle tutele ai lavoratori delle piattaforme digitali presentata oggi dalla Commissione europea.
"Qualsiasi intervento dell'Ue sul lavoro sulle piattaforme deve fornire chiarezza su come il lavoro sulla piattaforma puo' essere legittimamente organizzato, sia come lavoro autonomo che come lavoro subordinato, a seconda di quale si adatta meglio", ha aggiunto il rappresentante della confederazione di organizzazioni di categoria dell'industria e dei datori di lavoro.
BusinessEurope ha preso di mira soprattutto "la proposta presunzione di occupazione" che, a detta dell'organizzazione, potrebbe avere "un effetto dissuasivo sulle opportunita' per i singoli di esercitare un'attivita' autonoma" oltre a "un impatto negativo sulla fornitura di servizi nel mercato interno". "Non esiste una soluzione univoca per il lavoro in piattaforma e le competenze degli Stati membri dell'Ue e delle parti sociali per definire chi lavora nell'ambito di un rapporto di lavoro devono essere rispettate", conclude la nota.