Transizione green, lo Stato deve affidarsi ai privati
Bisogna stimolare la consapevolezza sul ruolo che gli attori privati possono ricoprire in questa fase
Transizione energetica, gli obiettivi europei passano dal patto tra istituzioni e imprese
I mesi passati sono stati complessi per il settore energetico. Il Covid prima, e le tensioni derivanti dalla guerra in Ucraina dopo, hanno scoperto i nervi di un sistema fragile, ma allo stesso tempo fondamentale non solo per l’Italia, ma per l’Europa intera. L’aumento vertiginoso dei prezzi dell’energia e gli sforzi per diversificare le nostre fonti di approvvigionamento, tra l’altro, ci hanno parzialmente distratti dagli obiettivi che ci eravamo posti in tema di transizione energetica.
Ad alzare l’asticella verso il raggiungimento di traguardi nuovamente ambiziosi e urgenti e a rimettere l’attenzione su un tema così rilevante ci ha pensato l’Europa, che nelle scorse settimane ha dato la notizia dell’accordo provvisorio nel quadro della revisione della direttiva RED III.
Quasi 15 ore di negoziati tra Consiglio e Parlamento europeo hanno portato a un risultato storico per l’Unione, con l'aumento di 2,5 punti percentuali della quota obbligatoria dei consumi finali di energia elettrica, che dovranno essere soddisfatti da fonti pulite entro il 2030. Nello specifico, si è passati dal 40% al 42,5%, avvicinandosi al 45% proposto dalla Commissione europea con il piano REPowerEU.
Anche se le percentuali non aiutano a inquadrare la portata della sfida, basti pensare che oggi in Italia la quota di utilizzo delle fonti rinnovabili riguarda il 19% dei consumi energetici, mentre in Europa arriva a toccare il 22%: siamo appena a metà del guado, con 7 anni di anticipo. Un risultato, questo, che non ci deve far perdere di vista l’obiettivo, ma piuttosto ci deve motivare a fare ancora di più e a guardare al futuro con positività e lungimiranza.
La strada che abbiamo di fronte, infatti, è lunga e incerta, non perdonerà errori di percorso. Ma una cosa è chiara: da questa dobbiamo partire per invertire i trend climatici drammatici a cui assistiamo, muovendoci, come ha recentemente ricordato la Direttrice Esecutiva del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, Inger Andersen, “dalla procrastinazione climatica all’attivazione climatica”.
Prendiamo questo risultato con ottimismo, affinché non rappresenti solo una “battaglia di civiltà”, che pure elevi l’Europa agli occhi del mondo, ma il cambio concreto di un paradigma soprattutto nella collaborazione tra istituzioni e imprese, le forze in grado di dare forma a questo percorso. Bisogna innanzitutto stimolare la consapevolezza sul ruolo che gli attori privati possono ricoprire in questa fase. Realtà che, piuttosto che essere viste come la causa, possono divenire sempre più la soluzione concreta al problema.
Da qui al 2030 sarà necessario investire oltre mille miliardi di euro per raggiungere gli ambiziosi obiettivi che ci siamo posti. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è un grande aiuto e una straordinaria occasione, ma le risorse messe a disposizione rappresentano solo una piccola parte del totale necessario. In questo contesto appare chiaro come il ruolo degli attori privati sia fondamentale non solo per favorire il rilancio del Paese, ma soprattutto per trasformare le sfide che ci attendono in opportunità. È un treno ad altissima velocità che non possiamo permetterci di perdere.
*Ad di Siram Veolia