Brasile, manifestazioni contro assalto. "La democrazia non sfuggirà di mano"
In caso di inquisizione per l'assalto al Congresso, l'ex presidente e la sua famiglia volerebbero subito a Roma. Il retroscena sul possibile piano di fuga
Brasile, manifestazioni pro-democrazia contro l'assalto del Congresso
Decine di migliaia di persone in Brasile hanno partecipato a manifestazioni a favore della democrazia, in risposta all'assalto al Congresso da parte dei sostenitori dell'ex presidente Jair Bolsonaro. Nella più grande città del Paese, San Paolo, la folla ha gridato che Bolsonaro dovrebbe essere arrestato, secondo quanto riporta la Bbc.
Molti sono scesi in strada vestiti di rosso, i colori del Partito dei Lavoratori di Lula; altri sventolavano cartelli con scritto "Niente amnistia per i golpisti" chiedendo che i responsabili fossero puniti. Circa 1.500 persone sono state fermate durante i disordini di domenica nella capitale Brasilia, una settimana dopo che il presidente Luiz Inacio Lula da Silva ha prestato giuramento.
Ieri sera, Lula ha visitato gli edifici danneggiati del Congresso, del palazzo presidenziale e della Corte Suprema insieme ai governatori del Paese, condannando gli "atti terroristici" e giurando di punire i colpevoli. Bolsonaro non ha accettato la sconfitta nelle ultime e divisive elezioni in Brasile ed è volato negli Stati Uniti prima del passaggio di consegne il primo gennaio. Lunedì è stato ricoverato in ospedale in Florida con dolori addominali.
Brasile, Lula: "La democrazia non ci sfuggirà di mano"
Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha incontrato nella capitale 23 governatori su 27 e ha affermato: "Non lasceremo che la democrazia ci sfugga di mano". Il presidente 77enne, che ha assunto il potere per la terza volta una settimana fa dopo aver sconfitto Bolsonaro nelle elezioni presidenziali di ottobre, aveva precedentemente condotto un'insolita dichiarazione congiunta con i capi del Senato, della Camera dei deputati e della Corte suprema federale.
I vertici dei tre poteri dello Stato hanno serrato i ranghi contro gli "atti di terrorismo" di domenica, quando migliaia di sostenitori dell'ex presidente di estrema destra Bolsonaro invasero per quasi quattro ore le sedi di Presidenza, Congresso e Corte Suprema chiedendo un intervento militare per rimuovere Lula dal potere. Al momento, secondo il ministro della Giustizia e della Sicurezza, Flavio Dino, sono 1.500 le persone arrestate per i tumulti, avvenuti mentre Lula era in visita in un comune di San Paolo (sud-est) colpito da un'alluvione.
Brasile, Bolsonaro e la fuga in Italia per evitare l'estradizione. Il piano
Continua a far discutere l'assalto al Congresso che ha sconvolto il Brasile e riportato alla mente i fatti di Capitol Hill negli Usa. Per le devastazioni a Brasilia sono finite in manette centinaia di persone, ma il presidente Lula non intende fermarsi qui e ha chiesto un'indagine approfondita sul suo predecessore Bolsonaro, come possibile "mandante". L’ex presidente del Brasile ieri, all’indomani dell’assalto dei suo seguaci ai luoghi delle istituzioni del Paese, - si legge sul Fatto Quotidiano - si è fatto ricoverare per "forti dolori addominali" all ’AdventHealth Celebration, ospedale fuori Orlando, in Florida, città nella quale si è rifugiato due giorni prima dell’insediamento del suo successore e rivale. Proprio all’addome venne accoltellato durante la campagna elettorale del 2018. Da domenica, tuttavia, Bolsonaro potrebbe vedersi accusato, alla stregua dell’ex presidente Usa, Donald Trump, da una Commissione del Congresso appositamente formata, per incitamento all’assalto delle istituzioni. I lavori della Commissione potrebbero iniziare già i primi di febbraio e prevedono il rientro in Brasile dell’ex presidente.
"Bolsonaro potrà essere convocato, deve venire a rispondere dei crimini che ha commesso. Dopodiché sarà indagato", ha dichiarato l’ex presidente del Senato, Renan Calheiros. Quanto ai rifugi possibili, secondo la rivista brasiliana Istoè , l’ex presidente e famiglia, - prosegue il Fatto - in affitto per un mese a Orlando, avrebbero in programma poi di trasferirsi in Italia avendone richiesto la cittadinanza a novembre (i parenti sono veneti e toscani), subito dopo la sconfitta elettorale, all’ambasciata italiana a Brasilia. Fonti del governo italiano spiegano che al momento risultano due richieste di cittadinanza da parte dei figli di Bolsonaro, Eduardo e Flavio, presentate a metà novembre. Nessuna richiesta è arrivata direttamente da Bolsonaro, fanno sapere dal Viminale. Entrambi i figli hanno problemi giudiziari. Nel caso in cui Bolsonaro dovesse arrivare in Italia da cittadino non è chiaro se potrebbe appellarsi a cavilli del trattato bilaterale tra i due Paesi per non essere estradato.